AFFARI DI CUORE DEL GRANDE ANDREA GRITTI, HOMO D'ONOR
ritratto dal Vecellio |
Andrea Gritti visse moltissimi anni a Istanbul-Bisanzio, divenendo amico anche del Sultano. Dedicava gran parte del suo tempo ai suoi commerci, che lo arricchirono a dismisura. Era un uomo brillante, affascinante, conteso dalle donne occidentali e, pare, pure da qualche Signora turca. La sua nomea di grande amatore era diffusa ovunque ormai, quando accadde che...
... viveva a Pera, una cittadina prossima a Bisanzio, la bellissima moglie di un mercante genovese, della quale il Gritti si era pazzamente invaghito. Il marito di lei si era reso colpevole nei confronti dei ministri reali, che hanno diritto di vita e di morte sui cittadini stranieri, del più grave delitto, avendo sparlato di Maometto (sto pensando che pure io sarei messo male N.d.R.) il loro Profeta, tanto da non aver in nessun modo salva la testa.
Era generale il sospetto che tutto fosse stato architettato dal Gritti, per togliere di mezzo il terzo incomodo, e godere delle grazie della moglie. appena Andrea venne a conoscenza di tali dicerie, pregò il Pascià di non rendergli difficile la vita, e usò tutta la sua influenza per evitare il peggio al malcapitato.
Fatto venire in sua presenza il Genovese, gli dichiarò apertamente che aveva desiderato ardentemente sua moglie, una donna bellissima, ma assicurò con solenne giuramento che per l'avvenire avrebbe smesso di farle la corte, essendo la moglie di un suo caro amico.
Commosso da tanta generosità, il malcapitato (graziato dal pascià per le pressioni del Gritti) restò per sempre legato a Lui da grande affetto ed amicizia.
Dopo questo evento, lasciò Venezia per stabilirsi a Costantinopoli dove si occupò essenzialmente di commerci (specialmente di granaglie). Acquistò una casa a Pera e qui convisse con una donna greca dalla quale ebbe quattro figli, Alvise,Giorgio, Lorenzo e Pietro.
Il periodo trascorso in Turchia fu assolutamente proficuo: favorito dai successi commerciali, riuscì a guadagnarsi la stima della comunità veneziana - di cui diventò sostanzialmente il capo - e degli stessi Ottomani, stabilendo un legame privilegiato con il gran visirHersekli Ahmed Pascià, genero del sultano Bayezid II.
Le cose si complicarono nel 1492, quando il bailo veneziano Girolamo Marcello fu espulso con l'accusa di spionaggio e, pur non assumendo alcuna carica ufficiale, il Gritti ne divenne di fatto il sostituito. Lui stesso prese a inviare al Senato informazioni cifrate sulla consistenza delle truppe ottomane e sui loro movimenti, ma le lettere vennero presto intercettate: nell'agosto del 1449 venne rinchiuso alle Sette Torri e solo l'amicizia con il gran visir e la stima del sultano gli risparmiarono il patibolo.
Trascorse in carcere circa 32 mesi, uscendone con altri mercanti veneziani solo al termine delle ostilità fra le parti. Tornato a Venezia, grazie alle sue conoscenze risultò l'uomo più adatto per trattare con i Turchi: fu latore della lettera dogale del 22 maggio 1503 inviata al sultano e, tornando, della risposta ottomana al doge, che lesse in Senato il 2 dicembre
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