IL BACCHIGLIONE UN LETTO PIENO DI SORPRESE

di Antonio Rosso

Per gli archeologi il Bacchiglione è un fiume particolare dalle continue piacevoli sorprese.
Per esempio è il fiume che ci ha dato la piroga più lunga del mondo (oltre 16 metri !), recuperata assieme ad altre più piccole alcuni anni fa dal Club Sommozzatori Padova e oggi, opportunamente restaurata dalla Soprintendenza Archeologica del Veneto, esposta nel Nuovo Museo Civico agli Eremitani di Padova (oggi, 2002, l'imbarcazione si trova nel museo del Bacchiglione al Castello di S. Martino delle Vaneze, Cervarese, vicino Padova). E si pensa ce ne siano altre... Da anni inoltre, seguendo le indicazioni dei «sabbionari», cioè coloro che estraggono la sabbia dal letto del fiume per utilizzarla in edilizia, si effettuano continui interessanti ritrovamenti di varie età: da ceramiche e armi medioevali, a vasi fittili di età paleoveneta, da reperti dell'età dei metalli a ceramiche romane.




L'importanza che le testimonianze raccolte nel Bacchiglione e nelle sue immediate vicinanze rivestono per la storia di Padova ha fatto si che in una mostra di alcuni anni fa, «Padova Preromana», venisse dedicata a questo fiume una piccola sezione tutta sua: sono ormai a decine i frammenti di scodelle, tazze, boccali, olle (alcune anche intatte) riferibili all'età del Bronzo medio e recente, recuperate dai subacquei del già citato Club Sommozzatori di Padova o dagli appassionati della Società Archeologica Veneta.
Di questi periodi sono le due bellissime spade a lingua, a presa tipo Cetona la prima, a presa tipo Alberona la seconda, datate rispettivamente al Bronzo recente e finale. Esse sono state portate in superficie assieme alla sabbia del fiume dai «sabbionari» e recuperate tra i materiali scartati dal vaglio delle draghe.
Del periodo paleoveneto da citare i ritrovamenti di alcuni ciottoli di notevoli dimensioni (ciottoloni) con iscrizioni venetiche. Essi rappresentano un tipico monumento funerario della zona, interessanti per il loro uso, ma soprattutto perché recanti, appunto, iscrizioni venetiche in alfabeto etrusco.


Tutti questi ritrovamenti hanno sensibilizzato gli appassionati e spinto numerosi clubs a intraprendere sistematiche ricerche. I risultati, anche se numerosi studi sono tuttora in corso, non sono mancati. ~ stato così possibile recuperare altro materiale paleoveneto, romano e medioevale sia in vicinanza di Padova che in provincia di Vicenza (situle, vasi fittili, cuspidi di bronzo).
Un notevole contributo in tal senso è stato dato da un club, da poco sorto: il Club Bacchiglione. Ad esso e al suo compianto segretario, Nico Pezzato, si deve in particolare la scoperta in prossimità del piccolo centro di Cervarese Santa Croce, di un gran numero di grossi elementi in pietra lavorata situati sul letto del fiume a due, tre metri di profondità.
Assieme a questi si sono rinvenuti un bacile in pietra, lavorato, di quasi un metro di diametro, e materiale del I sec. a.C.: una ciotola fittile e un vaso (vedi Archeologia Viva, n. 5).
Soffermiamoci un momento in questa zona che merita un cenno non fosse altro perché ciò che ne è emerso ha posto numerosi interrogativi e lo stesso ritrovamento non è certo usuale.
Dall'argilla e sabbia del fondo emergono 10 tamburi di colonna e pochi metri più a monte 17 parallelepipedi di pietra calcarea.


Un numero che sembra destinato ad aumentare in quanto con un sondino metallico ne sono stati localizzati altri.
Il rilevamento subacqueo della zona viene effettuato da alcuni soci del Club Bacchiglione e del Sub San Marco di Venezia, abituati questi ultimi a lavorare nelle acque ben più torbide della laguna.
Uno dei cilindri ha un diametro di ben 136 cm, mentre il più piccolo misura 70 cm di altezza e 85 di diametro.

Pesano da una a tre tonnellate l'uno. Se si sommano con gli altri elementi squadrati (circa Kg 350 l'uno) si ha un totale di venti tonnellate sott'acqua!
Di cosa si tratta? Di un cantiere di lavoro, un deposito, un punto d'imbarco, dei resti di un naufragio, di una costruzione ciclopica? Ipotesi...

pubblicato su "Archeologia Viva" anno I, n. 8 - novembre 1982 - pp. 54-61

Commenti