DANIELE MANIN E LA REPUBBLICA VENETA DA RIFARE (indipendente e federata)

Oggi corre il 160mo anniversario di questo grandissimo veneto,credo opportuno schiarire le idee ai Veneti indipendentisti che lo credono in pratica un "servo" delle idee unitarie piemontesi-italiane. 
Rieccovi un bell'articolo

di Ettore Beggiato.
"Quali erano i veri obiettivi dell'insurrezione veneziana?" chiese W. Nassau a Daniele Manin negli anni del suo esilio parigino
"Preferivamo essere una Repubblica indipendente confederata con gli altri stati italiani" la risposta del protagonista principale di quella straordinaria esperienza chiamata Repubblica Veneta e durata quasi un anno e mezzo, dal 22 marzo 1848 al 24 agosto 1849.
E Daniele Manin continua nelle sue riflessioni denunciando:
"Se Carlo Alberto si fosse presentato come un uomo disinteressato; se non avesse fatto una guerra egoistica per l'ingrandimento del Piemonte...il Piemonte usava il pretesto di una guerra di liberazione per fare in realtà una guerra di ambizione e di conquista".
Purtroppo siamo sempre più coinvolti in una bolgia di retorica di chi cerca disperatamente di far passare una guerra di conquista in una guerra di liberazione, e i professionisti della retorica patriottarda sono gli stessi che cercano di annacquare la nobile figura di Daniele Manin nella macedonia del risorgimento tricolore, di quella macedonia che pretende di presentare i moti del 1848 inserendoli nella prima guerra d'indipendenza.
Nel Veneto non fu così. Nel Veneto anche nel 1848 si gridava "Viva San Marco!" e "Viva la Repubblica (Veneta, naturalmente)", nella nostra Terra di parlava di "confederazione", di rapporto paritario con gli altri popoli, altro che l'annessione espansionistica savoiarda basata sui plebisciti-truffa.


Ed è un personaggio che non si può certamente definire "venetista" come Giovanni Spadolini che esalta la dimensione "federalista" del Nostro:
"Era piuttosto la Repubblica in lega con gli altri stati d'Italia nella grande federazione allora sognata. Federazione italiana, e poi europea (secondo un'intuizione che in Manin -personaggio sotto ogni profilo europeo- fu più perentoria e lampeggiante che non in molti altri uomini del risorgimento)".

Daniele Manin nacque a Venezia il 3 giugno 1804 in campo Sant'Agostino da famiglia ebraica convertita al cristianesimo. Gli storici si dividono sul cognome originario: secondo alcuni fu Fonseca, secondo altri Medina. Quando fu battezzato gli fu imposto il cognome del padrino, come si usava all'epoca, fratello dell'ultimo Doge della Serenissima, Ludovico Manin: quasi un presagio.

Secondo alcuni autori, la portata storica della rivoluzione veneta del 1848-49 fu sminuita anche per la consistente presenza di ebrei fra i più stretti collaboratori di Daniele Manin; di certo il periodico italiano la "Difesa della Razza" nel 1939 scrive che "i quaranta proscritti dall'Austria dopo la capitolazione di Venezia erano tutti ebrei, più o meno convertiti".
La madre fu Anna Maria Bellotto di Padova dalla quale ereditò una caratteristica profondamente veneta, la semplicità, quel suo modo di porsi che portò lo statista francese Ippolito Carnot a definirlo "eroe di saggezza, di coraggio e di semplicità".
Laureatosi giovanissimo avvocato, seguendo le orme paterne, apre uno studio legale in Campo San Paternian (oggi Campo Manin).

La passione e l'orgoglio per la storia di Venezia lo porta a stampare il volume "Storia della Veneta Legislazione" lucidissima analisi delle leggi Serenissime.
Altrettanto passione dimostrava per la lingua veneta che in una lettera chiamerà "la mia bellissima lingua", da Lui parlata in tutte le situazioni e che anzi contribuì all'efficacia della sua arte oratoria.

Collaborò con Giuseppe Boerio nella stampa di quel "Dizionario del dialetto veneziano" " che ancor oggi rappresenta una fonte insostituibile nello studio della lingua veneta.
Le sue convinzioni profondamente repubblicane e di riscatto per la Terra di San Marco diventano pubbliche nel 1847 durante il IX congresso dei scienziati italiani; Manin è un sostenitore della "lotta legale" per arrivare all'autonomia e alle riforme. Il 18 gennaio 1848 assieme a Niccolò Tommaseo viene arrestato dalle autorità austriache: il loro arresto diventa la scintilla che fa incendiare Venezia. Diventa il Presidente della Repubblica Veneta, protagonista indiscusso dei diciasette mesi di straordinaria intensità. Il 24 agosto parte con la famiglia per l'esilio di Parigi dove muore il 22 settembre 1857.

Il 22 marzo 1868 le sue spoglie tornarono a Venezia e in piazza San Marco si svolse la cerimonia ufficiale:
emblematica la scelta della data, venti anni dopo la rinascita della Repubblica Veneta, l'intera città di Venezia di stringeva commossa attorno al suo condottiero. Ecco alcuni passaggi del saluto dell'avvocato Luigi Priario di Genova: "Un popolo intero che circonda un feretro! Di chi è questo feretro? Quali preziose ceneri sono raccolte in quest'urna? Le ceneri di un imperatore ? No. Così non si piangono e non si onorano gli imperatori da un popolo. No queste ceneri non vengono da Sant'Elena, e non si legge su questa bara il delitto di Campoformido...Queste ceneri non grondano sangue, né lagrime di un popolo. Sono le ceneri di un salvatore di un popolo. Sono le ceneri di un esule, che fu dittatore, e che volle ed ebbe la gloria di morir povero. Sono le ceneri di Daniele Manin! Chi è Manin? Manin è la virtù, Manin è l'onestà, Manin è il martirio...."



La sua tomba fu portata in un primo tempo all'interno della basilica di San Marco e dopo pochi mesi fu trasferita all'esterno nella piazzetta dei Leoncini dove ancor oggi si trova.
Vediamo brevemente le principali tappe di quello che fu (almeno per il momento) l'ultimo periodo di autogoverno, di indipendenza del popolo veneto.

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