VENEZIA E IL POTERE: DI TUTTI E DI NESSUNO, I BARNABOTTI
Di Andrew Calzavara
Dal 1296 con la riforma che in seguito fu chiamata la Serrata del Maggior Consiglio, la gestione del potere passò esclusivamente all’aristocrazia, escludendo sempre più la partecipazione politica da parte del popolo.
L’operazione della Serrata a un tempo allargò e restrinse, allo stesso tempo, la composizione del maggior consiglio, vale a dire, la allargò numericamente, ma la restrinse ai membri delle famiglie che ne avevano fatto parte negli ultimi 125 anni.
Questa riforma decretò la trasformazione di Venezia da Comune a Repubblica Aristocratica; l’appartenenza non più elettiva ma ereditaria, e a vita, al parlamento Veneziano, assicurava la presenza di tutta l’aristocrazia alla gestione del potere; una tranquillità che permetteva ai patrizi la corretta gestione dello stato, anziché la formazione di fazioni per battere gli avversari politici per la conquista del potere.
Questa riforma è considerata da molti storici uno dei fattori cruciali e decisivi della straordinaria tenuta e continuità della Repubblica di Venezia, rispetto ad altre città come Firenze (le cui rivalità portavano a passaggi repentini del potere da una fazione all’altra).
Nelle altre città-stato, lo strumento perfetto per effettuare i passaggi, era l’assemblea generale del popolo, di cui era relativamente facile averne il favore, e che poteva essere tirato da una parte all’altra con persuasioni e/o intimidazioni. Per questo i Veneziani sostituirono completamente l’assemblea popolare come organo supremo con il maggior consiglio, che poteva essere più difficilmente manipolato, in quanto composto da gente più politicamente impegnata. Tutti i membri del maggior consiglio erano considerati Patrizi, i loro nomi erano segnati nel Libro d’Oro, dove venivano registrate nascite e matrimoni.
Ma chi era il patrizio Veneziano? Era N.H. vale a dire Nobil Homo. questo era INFATTI il titolo del patrizio; in altre parti d’europa vi erano baroni, conti , marchesi ecc. A Venezia invece no; vi era una nobiltà ereditaria, ma all’interno della quale non esistevano differenze di rango, l’aristocratico Veneziano era Nobil Homo e basta.
La sua veste era la toga, lunga fino ai piedi, ed allacciata in vita da una cintura. Di fatto alla nobiltà vi erano le famiglie di coloro che si erano distinti nella grande mercatura, nella politica, nella guerra.
Numericamente nel ‘300, quando la città contava 120.000 abitanti, i patrizi maschi e adulti erano circa 1.200 e nel ‘500 poco più di 2000; questi membri facevano parte di diritti e di doveri del maggior consiglio, tutti i patrizi Veneziani, di grande ascendenza o di famiglia recente, ricchi o poveri, facevano parte di questa assemblea.
Ed ecco un altro carattere generale del livello statale Veneziano, i membri del parlamento erano nobili, ma molti di essi erano poveri.
I patrizi poveri venivano identificati con l’attributo di Barnaboti, per via di certi alloggi concessi loro gratuitamente dallo stato in campo a San Barnaba, dov'era attiva una nota casa da gioco, ancor oggi segnalata nella toponomastica come Casìn dei Nobili e dove le case avevano affitti molto meno onerosi essendo distanti dal centro.
Quindi Patrizi si; ma di condizioni economiche diverse, che pur avendo perduto molte delle loro disponibilità economiche, continuavano di diritto a mantenere il seggio in seno al Maggior Consiglio, l'assemblea che reggeva le sorti della città e dello Stato.
Tale condizione di nobiltà decaduta, ma ancora politicamente influente, rendeva i Barnaboti un gruppo in frequente contrasto con il restante corpo della nobiltà, ma al contempo, per la loro scarsità di mezzi economici, sensibili a fenomeni di compravendita dei voti.
Dal 1296 con la riforma che in seguito fu chiamata la Serrata del Maggior Consiglio, la gestione del potere passò esclusivamente all’aristocrazia, escludendo sempre più la partecipazione politica da parte del popolo.
L’operazione della Serrata a un tempo allargò e restrinse, allo stesso tempo, la composizione del maggior consiglio, vale a dire, la allargò numericamente, ma la restrinse ai membri delle famiglie che ne avevano fatto parte negli ultimi 125 anni.
Questa riforma decretò la trasformazione di Venezia da Comune a Repubblica Aristocratica; l’appartenenza non più elettiva ma ereditaria, e a vita, al parlamento Veneziano, assicurava la presenza di tutta l’aristocrazia alla gestione del potere; una tranquillità che permetteva ai patrizi la corretta gestione dello stato, anziché la formazione di fazioni per battere gli avversari politici per la conquista del potere.
Questa riforma è considerata da molti storici uno dei fattori cruciali e decisivi della straordinaria tenuta e continuità della Repubblica di Venezia, rispetto ad altre città come Firenze (le cui rivalità portavano a passaggi repentini del potere da una fazione all’altra).
Nelle altre città-stato, lo strumento perfetto per effettuare i passaggi, era l’assemblea generale del popolo, di cui era relativamente facile averne il favore, e che poteva essere tirato da una parte all’altra con persuasioni e/o intimidazioni. Per questo i Veneziani sostituirono completamente l’assemblea popolare come organo supremo con il maggior consiglio, che poteva essere più difficilmente manipolato, in quanto composto da gente più politicamente impegnata. Tutti i membri del maggior consiglio erano considerati Patrizi, i loro nomi erano segnati nel Libro d’Oro, dove venivano registrate nascite e matrimoni.
Ma chi era il patrizio Veneziano? Era N.H. vale a dire Nobil Homo. questo era INFATTI il titolo del patrizio; in altre parti d’europa vi erano baroni, conti , marchesi ecc. A Venezia invece no; vi era una nobiltà ereditaria, ma all’interno della quale non esistevano differenze di rango, l’aristocratico Veneziano era Nobil Homo e basta.
La sua veste era la toga, lunga fino ai piedi, ed allacciata in vita da una cintura. Di fatto alla nobiltà vi erano le famiglie di coloro che si erano distinti nella grande mercatura, nella politica, nella guerra.
Numericamente nel ‘300, quando la città contava 120.000 abitanti, i patrizi maschi e adulti erano circa 1.200 e nel ‘500 poco più di 2000; questi membri facevano parte di diritti e di doveri del maggior consiglio, tutti i patrizi Veneziani, di grande ascendenza o di famiglia recente, ricchi o poveri, facevano parte di questa assemblea.
Ed ecco un altro carattere generale del livello statale Veneziano, i membri del parlamento erano nobili, ma molti di essi erano poveri.
I patrizi poveri venivano identificati con l’attributo di Barnaboti, per via di certi alloggi concessi loro gratuitamente dallo stato in campo a San Barnaba, dov'era attiva una nota casa da gioco, ancor oggi segnalata nella toponomastica come Casìn dei Nobili e dove le case avevano affitti molto meno onerosi essendo distanti dal centro.
Quindi Patrizi si; ma di condizioni economiche diverse, che pur avendo perduto molte delle loro disponibilità economiche, continuavano di diritto a mantenere il seggio in seno al Maggior Consiglio, l'assemblea che reggeva le sorti della città e dello Stato.
Tale condizione di nobiltà decaduta, ma ancora politicamente influente, rendeva i Barnaboti un gruppo in frequente contrasto con il restante corpo della nobiltà, ma al contempo, per la loro scarsità di mezzi economici, sensibili a fenomeni di compravendita dei voti.
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