LA SITULA, IL SACRO GRAAL DEI VENETI ANTICHI
Di Piero Favero
Poiché i Veneti utilizzavano le situle nel culto dei Morti, è evidente che attribuivano ad esse un significato sacrale, per molti aspetti sovrapponibile al calderone celtico.
Vale come chiaro esempio il calderone magico de i Tesori di Annwfynn recuperato da Artù nell'Oltretomba o il Calderone di Dagda, una larga pentola che non si svuotava mai, e che non lasciava mai nessuno affamato, era uno dei quattro tesori che i Tuatha de Danann avevano portato con sè in Irlanda e quando il calderone non veniva usato serviva da contenitore per la lancia di Lug, che grondava sempre sangue.
La maggioranza degli autori che hanno indagato il significato del Graal hanno concluso per una sua continuazione di significato del simbolismo nell'ambiente celtico. Sicché il passo sarebbe breve per scoprire una sorprendente equivalenza tra il Graal e la situla veneta.
Ovviamente nel Medio Evo non esisteva alcun accesso diretto alla conoscenza dei Veneti antichi e delle usanze celtiche, tuttavia racconti e leggende come quella di Dagda avrebbero influenzato coloro che scrissero del Graal, sacra coppa che contiene il vino "bevanda dell'immortalità".
Intorno al XII secolo nell'ambiente letterario francese, nacque la leggenda di Giuseppe di Arimatea che, prima di seppellire Gesù, ne lavò accuratamente il corpo cosparso di sangue e conservò acqua e sangue i una coppa.
Fu poi imprigionato in una torre dai Giudei, perché morisse di fame e sete, ma Giuseppe riuscì a sopravvivere "per nutrimento celeste". Il prezioso calice fu affidato da Giuseppe ai suoi figli per varie generazioni, fino a quando sarebbe entrato in possesso del re di Inghilterra, nel 1257.
altre leggende narrano che il Sacro Graal andò smarrito e solo un coraggioso cavaliere senza macchia l'avrebbe ritrovato: questa versione del Graal fa parte del ciclo di Lancillotto (...)
Le più antiche narrazioni arturiane tuttavia non nominano affatto il Graal, inteso come calice che raccoglie il sanque della Crocifissione. E' evidente che Robert da Boron, così esplicitamente paladino della Cristianità, ha per primo introdotto il tema del Santo Graal, senza alcun recondito intento di esaltare il mito celtico.
Al contrario, il proposito fu "cristianizzare" le leggende celtiche per appropriarsi dei vantaggi della loro popolarità.
da "l'alba dei Veneti, mito e storia delle origini" ed. Cierre grafica pag. 139.
Poiché i Veneti utilizzavano le situle nel culto dei Morti, è evidente che attribuivano ad esse un significato sacrale, per molti aspetti sovrapponibile al calderone celtico.
Vale come chiaro esempio il calderone magico de i Tesori di Annwfynn recuperato da Artù nell'Oltretomba o il Calderone di Dagda, una larga pentola che non si svuotava mai, e che non lasciava mai nessuno affamato, era uno dei quattro tesori che i Tuatha de Danann avevano portato con sè in Irlanda e quando il calderone non veniva usato serviva da contenitore per la lancia di Lug, che grondava sempre sangue.
situla di Certosa |
Ovviamente nel Medio Evo non esisteva alcun accesso diretto alla conoscenza dei Veneti antichi e delle usanze celtiche, tuttavia racconti e leggende come quella di Dagda avrebbero influenzato coloro che scrissero del Graal, sacra coppa che contiene il vino "bevanda dell'immortalità".
Intorno al XII secolo nell'ambiente letterario francese, nacque la leggenda di Giuseppe di Arimatea che, prima di seppellire Gesù, ne lavò accuratamente il corpo cosparso di sangue e conservò acqua e sangue i una coppa.
Fu poi imprigionato in una torre dai Giudei, perché morisse di fame e sete, ma Giuseppe riuscì a sopravvivere "per nutrimento celeste". Il prezioso calice fu affidato da Giuseppe ai suoi figli per varie generazioni, fino a quando sarebbe entrato in possesso del re di Inghilterra, nel 1257.
altre leggende narrano che il Sacro Graal andò smarrito e solo un coraggioso cavaliere senza macchia l'avrebbe ritrovato: questa versione del Graal fa parte del ciclo di Lancillotto (...)
Le più antiche narrazioni arturiane tuttavia non nominano affatto il Graal, inteso come calice che raccoglie il sanque della Crocifissione. E' evidente che Robert da Boron, così esplicitamente paladino della Cristianità, ha per primo introdotto il tema del Santo Graal, senza alcun recondito intento di esaltare il mito celtico.
Al contrario, il proposito fu "cristianizzare" le leggende celtiche per appropriarsi dei vantaggi della loro popolarità.
da "l'alba dei Veneti, mito e storia delle origini" ed. Cierre grafica pag. 139.
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