GLI ASCARI ITALIANI DELLA CONFINDUSTRIA NEL VENETO E IL REFERENDUM
No al referendum fuffa! tuona un anonimo dell'ambiente della confindustria "veneta" dal giornale web http://www.veneziepost.it, temono come la peste che noi veneti si finisca come in Trentino, a Bolzano, o in Friuli, ad amministrarci da soli le nostre palanche (pensa che sfiga). Anche se fan notare che il referendum non porterà a niente di concreto (e su questo nell'immediato anche Zaia lo dice). Anzi, tuona indignato l'anonimo, aboliamo tutte le regioni! diamo tutto in mano allo stato italiano, esempio preclaro di saggia amministrazione, sembra di capire.
Tanto sono indignati, gli industrialotti locali, che nasce pure il comitato per l'astensione al referendum, in modo di togliere a Zaia, che già non è uno che rovesia i tavoli, ogni velleità e ogni forza nella trattativa con Roma.
Ecco, invito gli indipendentisti che vogliono astenersi come questo signore, a riflettere: darebbero una mano agli ascari italiani, che ormai si annidano in ogni apparato di rappresentanza del mondo del lavoro. E' il momento di chiedersi seriamente: "cui prodest? a chi conviene il fallimento del referendum? Leggete e divertitevi. specie nel finale in cui dice che il veneto non merita questa fine: no, secondo loro,merita addirittura di scomparire.
Pazzesco. La politica è specialista nel produrre fuffa. Gli imprenditori sono uomini concreti. La politica si è specializzata nel guardare al mondo attraverso lo specchietto retrovisore. Gli imprenditori guardano al mondo pensando al futuro. La politica ci chiama al voto il 22 ottobre su un referendum privo di alcun valore concreto (come abbiamo argomentato negli articoli dei giorni scorsi) costruito solo per creare rendite di posizione a chi lo promuove. Nei prossimi mesi questo referendum riempirà intere pagine dei giornali, i talk televisivi e renderà protagonisti di un inconcludente dibattito tra favorevoli, contrari e astenuti, professionisti delle seggiole e delle cadreghe. Gli stessi che, anziché diminuire i posti di consiglieri di società a partecipazione pubblica, li aumentano. Come nel caso, giustamente redarguito oggi da Marco Bonet sulle colonne del Corriere del Veneto, dell’inutile società per lo sviluppo del welfare “veneto”.
Gli imprenditori, oggi impegnati a far ripartire questa regione, devono trovare il coraggio di chiedere alla politica di fermarsi. Di evitare di farci perdere tempo (e soldi) per portarci alle urne per rispondere a domande prive di senso e concretezza. Si vuole davvero riformare lo Stato, rendere efficiente la pubblica amministrazione, tagliare i costi della politica? Facciano proposte concrete, comincino a tagliare le società partecipate, taglino il numero dei dipendenti pubblici. La smettano di prenderci in giro promettendoci rivoluzioni impossibili che risolverebbero tutti i nostri problemi, dalla crisi delle banche fino alla diminuzione delle tasse. Non lo hanno fanno fino ad ora pur essendo stati tutti al governo a Roma e a Venezia, perché dovrebbero farlo ora. La smettano di considerarci degli sprovveduti pronti solo a lavorare e a cadere nei loro trappoloni populisti.
E gli imprenditori e le associazioni che affermano di rappresentarli devono imparare a smettere di parlare a mezza bocca. Perfino quando i politici che fanno le proposte possono essere più o meno simpatici a qualcuno, si chiamino essi Renzi o Zaia. E finirla con il giochetto che facciamo tutti finta di essere per il Sì al referendum per non essere impopolari, e poi raccontarci dietro alle quinte delle assemblee e dei convegni che questo referendum è, come diceva Fantozzi “una cagata pazzesca”. Si abbia il coraggio di dirlo in pubblico e di organizzare dei seri comitati per l’astensione. Comitati che spieghino perché il referendum del 22 ottobre è un referendum fuffa e invitino gli elettori a non legittimare questa politica con il loro voto. Dedichiamo una domenica a lavorare, piuttosto, perché per tornare a crescere faranno sicuramente meglio delle ore di straordinario in più che andare a rispondere a domande che dicono tutto e il contrario di tutto.
E le forze politiche, tutte, dalla Lega a Forza Italia, dal Pd ai 5 stelle, si impegnino a proporre riforme vere. Sulle quali confrontarsi. Riformare lo Stato, eliminare le Regioni, tagliare le spese e ridurre il costo sul lavoro. Per dare più soldi in tasca ai lavoratori e alle imprese, e meno alla pubblica amministrazione.
Perché qui ci vogliono far finire come in Friuli Venezia Giulia, in Trentino, in Sicilia o in Sardegna, con uffici delle amministrazioni locali gonfi di dipendenti pubblici pagati all’inverosimile senza nemmeno controllarne la produttività. Che, come all’Alitalia, saranno assunti con criteri quadripartisan da tutti i partiti. Non è questa la fine che merita il Veneto.
Gli imprenditori, oggi impegnati a far ripartire questa regione, devono trovare il coraggio di chiedere alla politica di fermarsi. Di evitare di farci perdere tempo (e soldi) per portarci alle urne per rispondere a domande prive di senso e concretezza. Si vuole davvero riformare lo Stato, rendere efficiente la pubblica amministrazione, tagliare i costi della politica? Facciano proposte concrete, comincino a tagliare le società partecipate, taglino il numero dei dipendenti pubblici. La smettano di prenderci in giro promettendoci rivoluzioni impossibili che risolverebbero tutti i nostri problemi, dalla crisi delle banche fino alla diminuzione delle tasse. Non lo hanno fanno fino ad ora pur essendo stati tutti al governo a Roma e a Venezia, perché dovrebbero farlo ora. La smettano di considerarci degli sprovveduti pronti solo a lavorare e a cadere nei loro trappoloni populisti.
E gli imprenditori e le associazioni che affermano di rappresentarli devono imparare a smettere di parlare a mezza bocca. Perfino quando i politici che fanno le proposte possono essere più o meno simpatici a qualcuno, si chiamino essi Renzi o Zaia. E finirla con il giochetto che facciamo tutti finta di essere per il Sì al referendum per non essere impopolari, e poi raccontarci dietro alle quinte delle assemblee e dei convegni che questo referendum è, come diceva Fantozzi “una cagata pazzesca”. Si abbia il coraggio di dirlo in pubblico e di organizzare dei seri comitati per l’astensione. Comitati che spieghino perché il referendum del 22 ottobre è un referendum fuffa e invitino gli elettori a non legittimare questa politica con il loro voto. Dedichiamo una domenica a lavorare, piuttosto, perché per tornare a crescere faranno sicuramente meglio delle ore di straordinario in più che andare a rispondere a domande che dicono tutto e il contrario di tutto.
E le forze politiche, tutte, dalla Lega a Forza Italia, dal Pd ai 5 stelle, si impegnino a proporre riforme vere. Sulle quali confrontarsi. Riformare lo Stato, eliminare le Regioni, tagliare le spese e ridurre il costo sul lavoro. Per dare più soldi in tasca ai lavoratori e alle imprese, e meno alla pubblica amministrazione.
Perché qui ci vogliono far finire come in Friuli Venezia Giulia, in Trentino, in Sicilia o in Sardegna, con uffici delle amministrazioni locali gonfi di dipendenti pubblici pagati all’inverosimile senza nemmeno controllarne la produttività. Che, come all’Alitalia, saranno assunti con criteri quadripartisan da tutti i partiti. Non è questa la fine che merita il Veneto.
qui il link originale
Commenti
Posta un commento