"E' CADUTO IL CAMPANILE DI SAN MARCO!"

STORIA E RINASCITA DEL PARON DE CASA
Questa notizia fu riportata da tutti i quotidiani del mondo e in ogni città commento ed apprensione erano i temi del giorno. Se una mattina qualunque la radio annunciasse tale notizia, noi veneziani lascieremmo subito le nostre abituali occupazioni e in fretta raggiungeremmo la piazza S.Marco per vedere l’accaduto, per portare un contributo tangibile, spontaneo per la ricostruzione del ” paron de casa” mentre gli altri italiani e stranieri s’interesserebbero subito con sottoscrizioni per l’aiuto concreto. Così è avvenuto il 14 Luglio alle ore 9,52 del 1902 ” el paron de casa” stanco si accasciò e le cose andarono come ora pensiamo.
Quanto dolore e costernazione nei veneziani. Quel campanile quasi simbolo e padrone di Venezia con mille anni sulle spalle non resse più alle vicende del tempo. Nato in piazza San Marco tra l’anno 888 e il 912 sotto il dogato di Pietro Tribuno e completato dal doge Vital Michiel II nel 1173. La forma definitiva, come l’attuale, si ebbe nel 1514 per opera di Pietro Bon, con la messa in opera dell’angelo d’oro. 
L’altezza totale è di m. 100,060 il lato di base di » 12,8- gradini » 1,35 – fusto » 53,8 – cella » 8,835 – dado » 9,83 – cuspide » 20,6- acrofero » 1,91 – angelo » 3,685 Gli storici raccontano che « sua altezza è l’edificio più alto di Venezia, servì a suo tempo quale faro ai naviganti, infatti la cuspide allora in legno era rivestita da lamiere dorate a tale scopo, mentre di giorno funzionava con il sole, alla notte all’altezza della cella campanaria veniva acceso un falò. 
Il campanile quale «paron de casa” ordinava con le campane le varie manifestazioni pubbliche, il loro suono era familiare a tutti i cittadini che dal tono sonoro capivano quando i senatori si radunavano; i « marangoni ” o le maestranze delle varie arti dovevano dar inizio o finire i lavori (ecco il perché una campana si chiama marangona); quando era mezzogiorno per il pranzo e quando vi erano esecuzioni capitali tra le due colonne od altri lutti. Il concerto completo annunciava una festa solenne, una manifestazione di giubilo o la venuta di importanti personaggi. La voce bronzea si faceva sentire per tutte le notizie fauste o infauste.
“EI paron de casa” provocò anche un miracolo nel 1514 lo racconta lo storico Sansovino. Un operaio intento a lavorare sulla cima cadde nel vuoto, invocò il cuore di San Marco, e fu salvato da una trave che sporgeva a metà campanile aggrappandosi ad essa. Il fatto è registrato in un libro conservato nella sacrestia di San Marco. 
Il campanile servì a smascherare nel 1517, quale spia Alì Bey ambasciatore del sultano turco che, salito fino alla cella campanaria, mentre gustava l’uva di malvasia preparata per l’occasione e in suo onore, rivolgeva ai “savi” accompagnatori domande troppo interessate per ciò che riguardava le isolette che si scorgevano dall’alto. I « savi » capirono che costui non era altro che una spia e uno di loro lo informò che tali isolotti erano pieni di uomini e che era impossibile a conquistarli. Il turco si affrettò a discendere e ripartire da Venezia. 
Salirono sulla cella campanaria principi e personaggi illustri. Nel 1452 l’Imperatore Federico III d’Austria volle salire per le trentasette rampe fino alla cella con il suo cavallo. Lo volle imitare un cavaliere tornato dalla Terrasanta. La cella fu onorata dalla visita dell’Imperatore Colojanni e nel 1596 dall’Arciduca Carlo d’Austria fratello dell’Imperatore Massimiliano. Non dimentichiamo che proprio lassù a quasi cento metri, nel 1609 Galileo Galilei presentò al Doge e al Consiglio della Serenissima la sua nuovissima invenzione, il telescopio.

Nella descrizione lasciataci dal patrizio Antonio Priuli possiamo rilevare con ammirazione che dalla cella si poteva scorgere Treviso, Conegliano, Chioggia, Padova e particolari di coloro che entravano ed uscivano dalla chiesa di San Giacomo di Murano. Sarebbe lunga la serie di illustri che salirono le « rampe» del « paron de casa ». E’ accertato però che Napoleone non ebbe questo onore. Il campanile servÌ anche come albero di supplizio, cioè quello della « cheba» destinata a quegli uomini di Chiesa che si resero indegni del loro ministero. Si trattava di una vera gabbia issata a metà campanile nella quale venivano rinchiusi i rei e alimentati con pane ed acqua, ed esposti al freddo .
Tutta la storia della Serenissima, le leggende, i traffici, tutte le feste, tutta la vita del popolo, dei patrizi, dei dogi sono collegati in qualche modo al « paron de casa». Un sollievo era per i naviganti; esploratori che partivano per le crociate, per le conquiste in tutto il Medio Oriente, quando da lontano in mare scorgevano la punta del campanile; Venezia era vicina.
 
Ma purtroppo dopo tanti fasti e nefasti logorato dal tempo non resse, « la grande torre millenaria onusta di anni storia e di gloria, cadeva come stanca» senza danneggiare la basilica e senza fare né vittime né feriti. La parola d’ordine fu subito costruirlo « dov’era e com’era». 
Il 25 aprile del 1912 veniva inaugurato il nuovo campanile. Questi ebbe l’onore di essere visitato più volte dal grande e nostro Papa Giovanni XXIII, che dall’alto benedisse più volte questa città cara al suo cuore. A noi ora resta ancora volger lo sguardo ogni tanto a quell’angelo dorato, che è anche un anemometro, che dalla cima del campanile ci guarda e ci benedice. Se qualcuno pensasse di trasportare il campanile di S. Marco in altro luogo, dovrebbe prima fare non solo i calcoli del peso ma anche della altezza. Dovrebbe prendere misure eccezionali pari e forse maggiori di quelle che hanno dovuto prendere gli studiosi e i tecnici per rimuovere i monumenti secolari della valle del Nilo.

Non è cosa facile calcolare con precisione il peso di una piramide o di palazzo composto di grosse colonne marmoree, si va per approssimazione conoscendo pesi specifici e cubaggio dei materiali. L’idea di pesare il campanile di S. Marco non dovrebbe, in questi tempi che tutto è possibile tecnicamente, meravigliare nessuno. Qualcuno si chiederà come abbiamo fatto; è una curiosità logica che subito appaghiamo. Abbiamo pesato il campanile con la bilancia, sì, con la bilancia del calcolo. Mentre per il vecchio campanile poco si sapeva, per il nuovo, l’attuale, abbiamo dei dati tecnici che furono dedotti per la ricostruzione.
 Ed ecco i dati: peso complessivo, comprese le fondazioni, ammonta a circa kg. 13 milioni – fuori terra è calcolato a circa kg. 9 milioni -. Ed ecco come è distribuito il peso. Per la ricostruzione sono occorsi metri cubi 1550 di nuova pietra d’Istria, oltre a quella vecchia che rielaborata vi ha preso posto; furono impiegati n. 1.204.000 mattoni, fabbricati a posta e speciali con le seguenti misure: cm. 15X30X7; n. 11.860 quintali di cemento; kg. 39.380 di ferro per il cemento armato; kg. 6.230 di ferro per il castello campanario e kg. 4.500 di rame per la copertura della cuspide. Bisogna tener presente che la nuova costruzione, oltre alla vecchia base di palafitte, ha la base ampliata da una fitta palificata con un bosco di tronchi di larice lunghi quattro metri con un diametro di ventun centimetri e infissi a contatto col massimo rifiuto (cioè confitti nel terreno il più possibile). Furono 3.076 i pali impiegati. Ecco il peso di Sua Altezza il campanile. Gli increduli possono sempre verificare.

Gigio Zanon
RIPRESO  DAL SITO RAIXE VENETE 

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