Oggi di 100 anni fa veniva sparato il 1°colpo di cannone

100 anni fa l'aggressione dell'Italia all'Austria.
I veneziani che andarono in Riva degli Schiavoni a Venezia, dopo pochi giorni dall'inizio della guerra, per vedere sbarcare i primi prigionieri nemici furono sorpresi sentire che parlavano la loro stessa lingua.
Ma che nemico era, se parlava lo stesso dialetto?

Per come ci è stata raccontata la Prima Grande Guerra, anche in Wikipedia, risultano molto chiari gli scopi per il modo con cui sono stati scritti i testi ufficiali della bibliografia usata nella formazione scolastica, cioè nascondere l'atto di aggressione italiana e i milioni di morti inutili.
I calcoli odierni indicano in circa 26 milioni le morti tra militari e civili. Purtroppo la verità non verrà mai a galla e dopo un secolo, alle cerimonie di commemorazione, si scopre che alcune cicatrici non si sono ancora rimarginate.

Le strane coincidenze che ci riserva la storia: il 24 maggio 2018 è stato dato l'incarico di formare il nuovo governo giallo-verde e i media assieme ai politici annunciamo che è stato dato il via alla IIIa Repubblica. Esattamente 103 anni dopo il primo siluro e dopo la prima cannonata contro le linee austro-ungariche.

Non credo che si debbano trovare analogie o collegamenti fantapolitici di un evento politico tra l'aggressione di ieri ad un alleato, oggi con una coalizione di governo non europeista convinto che vorrebbe uscire dall'UE; tra i colpi di cannone mediatico di oggi contro quelli non a salve di un secolo fa. Sul lancio (fallito) di un siluro non riesco a trovare possibili analogie.
Porto Buso oggi, nella laguna di Grado
Però le due date mi hanno colpito, tanto da andare a rileggermi le cronache del 1914: dalla firma di non aggressione con il "Patto della Triplice" al possibile ritorno del Friuli e del Trentino all'Italia, fino alla dichiarazione di guerra. I fatti ci sono stati raccontati in questi ultimi 100 anni in maniera un po' distorta, con una verità a metà.

Testo tratto da Wikipedia: 
< Il 26 aprile 1915 il governo italiano concluse le trattative segrete con l'Intesa mediante la firma del patto di Londra, con il quale l'Italia si impegnava a entrare in guerra entro un mese. All'alba del 24 maggio 1915 vennero sparate le prime salve di cannone contro le postazioni austro-ungariche asserragliate a Cervignano del Friuli che, poche ore più tardi, divenne la prima città conquistata (il primo colpo di cannone partì da Forte Verena, sull'altopiano di Asiago, verso le fortezze austro-ungariche situate sulla Piana di Vezzena); le prime avanguardie del Regio Esercito avanzarono verso la frontiera, varcando quasi ovunque il confine e occupando le prime postazioni al fronte. All'inizio, la mobilitazione italiana avvenne con lentezza a causa della difficoltà di muovere contemporaneamente più di mezzo milione di uomini con armi e servizi. Lo stesso 24 maggio cadde il primo soldato italiano, Riccardo Giusto. >
I resti del Forte Verena dopo il bombardamento degli austro-ungarici. Un colpo di mortaio da 305 a scoppio ritardato perforò la corazza ed esplose all'interno della polveriera uccidendo il comandante, due sottotenenti e 43 uomini. L'opera venne costruita in tempi molto brevi e con materiali scadenti, basti pensare che fu utilizzato il ferro di carriole e posateria come metallo per armare il cemento del forte, con conseguenti risultati negativi sulla robustezza.
VERITA': Il primo colpo di cannone ad aprire le ostilità non fu quello che partì da Forte Verena, sull'altopiano di Asiago, la mattina del 25 maggio verso le fortezze austro-ungariche situate sulla Piana di Vezzena.
In realtà il primo attacco italiano avvenne con il lancio di un siluro dalla nave italiana Zeffiro ma fece cilecca.
Accadde a Porto Buso nella laguna di Grado alle 3 di notte, fra il 23 e il 24 maggio del 1915, nell’isola che per lungo tempo segnò il confine fra Italia e Austria.
Non fu così con le 169 cannonate, le prime in assoluto del conflitto bellico, che fecere arrendere i militari friulani e gradesi di stanza a Porto Buso.
Il cacciatorpediniere Zeffiro alla fonda nel bacino di San Marco


LA VERSIONE ITALIANA
Il comandante del cacciatorpediniere Zeffiro, Arturo Ciano, scriveva nel suo rapporto che il siluro aveva incontrato «un bassofondo con dolce declivio montante, proprio in corrispondenza del pontile che era in parte interrato. Qui il siluro si è arenato senza scoppiare dato che il diametro della testa ha impedito all’acciarino di urtare».
Ad azione ultimata, il siluro venne recuperato con l’involucro della testa deformato ma senza alcuna avaria.
Contemporaneamente al lancio del siluro contro il pontile viene aperto aprendo il fuoco con i tre cannoni da 76 mm sulla caserma. I colpi, diretti contro la caserma ed il pontile, centrarono perfettamente il bersaglio danneggiando i fabbricati e la torretta d’osservazione, inoltre sfasciarono le imbarcazioni ormeggiate lungo il pontile, causando pure dei piccoli incendi.

Sempre nella relazione italiana si legge che il Tenente di Fanteria Ungherese, Yohn Mareth, comandante la Compagnia AustroUngarica, ha utilizzato un battello per recarsi a bordo dello “Zeffiro” chiedendo di arrendersi, consegnando la sua sciabola e la rivoltella. 
Fatti che non risutano dagli atti ufficiali austro-ungarici.
L'elenco dei prigionieri "austriaci" catturati dagli italiani nell'azione di Porto Buso: sono quasi tutti triestini e friulani

«I prigionieri sono 48 – scriveva ancora Ciano – ed i loro nomi figurano nella nota qui acclusa. Alle 6 ho fatto ritorno a Venezia e (….), sbarcato in barella un soldato A.U. ferito alle gambe ho consegnato gli altri 47 compreso il Comandante della Compagnia, e due altri feriti all’Ammiraglio Patris a Poveglia». 
Nel primo Bollettino Ufficiale del Generale Cadorna, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, datato 25 maggio 1915 si legge: «Le nostre cacciatorpediniere hanno aperto il fuoco contro un distaccamento nemico a Porto Buso e sbarcarono truppe facendo prigionieri settanta austriaci trasportati a Venezia. Perdite nostre un morto e pochi feriti». 
In realtà i bollettini ufficiali italiani non citano mai il numero esatto degli austriaci arrestati, però dall’elenco dei prigionieri di Porto Buso si scopre dai loro cognomi che la maggior parte era friulana. Tanto che la gente accorsa sulla Riva degli Schiavoni per vedere lo sbarco del “nemico” rimase sorpresa e stupefatta sentendo quegli uomini parlare lo stesso dialetto.
Che nemico era, allora, se parlava la stessa lingua?

La forma con cui è descritto l'inizio del conflitto in Wikipedia lascia supporre che la prima cannonata italiana, partita da forte Verena (altipiano di Asiago.), sia stata fatta contro le linee nemiche di Cervignano del Friuli.
Chi avesse un minimo di conoscenza geografica del Nord-Est sa che non sarebbe mai stato possibile con quasiasi tecnologia bellica che disponeva il regio esercito.

LA VERSIONE AUSTRIACA
A Porto Buso era in funzione una stazione di segnalazione austriaca dove era dislocato un reparto di radiocomunicazioni, ma la distanza con Grado non consentì il collegamento poiché i cavi telefonici disponibili non erano lunghi a sufficienza. Considerata questa impossibilità il reparto venne sostituito da altri uomini addetti alle segnalazioni con eliografo.
Poto Buso visto dalla laguna in una foto d'epoca

Il rapporto su quanto accadde a Porto Buso venne stilato dal comandante di settore della difesa costiera capitano Steiger e i fatti sono ricontrabili nei documenti dell’Archivio militare di Vienna. 
“ Il 6 giugno successivo (…) il reparto fu attaccato da due torpediniere italiane. Infatti lo “Zeffiro” aveva sicuramente navigato in compagnia, almeno per un tratto, del cacciatorpediniere “Bersagliere” e del cacciatorpediniere “Corazziere” che avevano il compito di supportare la difesa dello “Zaffiro” nel caso fosse attaccato da navi o postazioni nemiche. “
Il rapporto inizia col dire che la sentinella della finanza, Amandus Humar, notò una colonna di fumo e avvisò il comandante. Questi dette l’allarme e l’ordine di salire sulle imbarcazioni. Ma era ormai troppo tardi per abbandonare Porto Buso: «Un’imbarcazione a benzina con circa 20 uomini a bordo venne centrata in pieno, una barca a remi si rovesciò e dei 10 uomini a bordo se ne salvarono soltanto tre». Il 25 maggio 1915 gli austriaci abbandonarono Grado che fu occupata dai bersaglieri italiani il giorno dopo, il 26 maggio.

IL RESTO DELLA STORIA, più o meno vera, lo trovate su:
https://it.wikipedia.org/wiki/Fronte_italiano_(1915-1918)

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