LA CORPORAZIONE DEI BOTTAI, il vino e i Veneti antichi.



Il vino da 3000 anni accompagna i Veneti, ma non nel senso del povero Oliviero Toscani, per cui siamo degli "imbriagoni" incapaci, bensì come fatto culturale e fonte di guadagno e lavoro. Il nettare di Bacco era tenuto in gran conto, da noi, non solo, torno a precisare, per motivi conviviali, ma perché con le botti che cominciammo a costruire 3mila anni fa, esso poteva essere esportato anche verso altre zone dell'Italia, e probabilmente, con le navi che all'epoca dei paleo veneti, salpavano da Altino, in tutto il Mediterraneo, anche se per il trasporto con le navi è probabile fosse versato in più pratiche  anfore. 
Anche uno storico romano ci descrive  i Veneti come dediti  alla coltivazione delle vite, e conservavano il vino prodotto in botti grandi "come case".  La tradizione millenaria continuò con  la repubblica di Venezia che  valorizzò l'arte dei bottai, riconoscendone la professionalità.

Simonetta Dondi dell'Orologio scrive:

La Corporazione dei fabbricatori di botti a Venezia si costituì nel 1271 e non conobbe mai periodi di crisi, in quanto tutti i liquidi erano trasportati e conservati nelle botti.
Le botti si costruivano posizionando le doghe all'interno di un cerchio guida, posto a metà altezza; finita la struttura di base si poneva all'interno uno scaldino per curvare più facilmente il legno. Poi si realizzavano i fondi e ogni maestro doveva porre il proprio marchio sul cocchiume (foro con tappo posto sulla doga di massimo diametro) della botte. Ogni maestro non poteva possedere più di 1500 doghe.

Le doghe in rovere, fin dal 1278, dovevano essere acquistate esclusivamente sulle rive tra il Ponte di Rialto e il traghetto di Santa Sofia, mentre quelle di abete si acquistavano in Barbaria delle Tole e a San Basilio; le botti invece erano vendute a Rialto e a San Marco nel giorno di sabato.
Era proibito lavorare di notte e tenere il legname vicino ai camini per timore degli incendi. Per far parte dell'arte era richiesta l'età minima di 17 anni, e per diventare Gastaldo almeno 35.
Il Gastaldo, massimo responsabile della Confraternita, non poteva assentarsi da Venezia per più di 15 giorni consecutivi, pena la perdita della carica e di un anno di paga, inoltre doveva provvedere alla riparazione di tutte le botti di Palazzo Ducale gratuitamente; il doge in cambio forniva il cibo e i cerchi per le botti.

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