I VENETI E LA CUCINA "POVERA" VOCABILI E MAGNAR DE ON TEMPO
Gianna Marcato, glottologa dell'università di Padova
La carne si mangiava alle feste grandi, il brodo da malati. Ma anche quando si mangiava carne, cosa si mangiava?
Guardiamo un po' le ricette tradizionali: tripa a la trevisana, fongadina (polmone, fegato, cuore, frattaflie cotte con abbondante cipolla), testina lessa, penin de vedéo, rognòn, fegato alla veneziana (figà tagliato a fettina, cotto assieme a tanta cipolla lasciata imbiondire in un po' di olio) e... oseeti scanpai, piatto in cui con la fantasia si supplisce alla mancanza degli uccelleti!
Col maiale si fanno luganeghe, museti, sacàdo (salame), non si spreca nulla perché, sgozzata la bestia si raccoglie persino il sanque cucinandolo poi con l'aggiunta di pangrattato o di altri ingredienti (ea dolse), si recuperano i pezzetti di carne che restano, una volta sciolto il grasso (la so'nsa che servirà poi come condimento), facendone un boccone gustoso e croccante: le sisoe ( o sòssoli).
Altri piatti tipici sono il bacalà alla vicentina, il bisato delle valli, le moéche (il granchio al momento della muta, altrimenti mangiato come maseneta in stagione diversa col guscio duro); gli umili bovoeti aio e oio, venduti alle sagre paesane (insieme ai folpi lessi - polpo- serviti caldi con carta gialla di paglia usata un tempo e mangiati al momento come un panino).
Abbondante la presenza in cucina di aromi e odori: parsimolo, rosmarin, agio o ajo, saéno -sedano- , séino - timo.
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NDR
Alla nota aggiungo nota, fotografata dall'amica Luigina in una mostra a Venezia che si occupa di tuttaltro, ovvero della musica di Vivaldi e company. Ma ben si inserisc enel tema trattato qui, ovvero la cicina povera:
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