LISSA E IL MONUMENTO "PRIGIONIERO" A LIVORNO

Una vergogna italiana che pochi conoscono. 



Un paio di amici mi hanno dato lo spunto per rinfrescarmi la memoria su quanto successe a Lissa e sulle traversie del monumento eretto dagli austro-ungarici a memoria di quanti, austriaci, veneziani e dalmati, caddero per la vittoria della Marina austro veneta. Con buona pace ANCHE di quanti tentarono poi di cancellare questa verità facendola passare per una vittoria croata. Ma prima di indignarci, guardiamo anche tra le nostre file, e scopriremo "castronerie" altrettanto grosse, come quando si scrive che il famoso Proclama di Perasto fu pronunciato in ...veneziano. La versione in veneziano, c'è, come quella in serbo e in italiano, ma il discorso fu pronunciato da un montenegrino, il Capitan Viscovich, ad altri montenegrini e il problema di usare la propria lingua materna, non si poneva certo, sotto il dominio illuminato di San Marco.
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Altra nota: la meschinità dello stato italiano, nasconde il monumento ai caduti "facendolo prigioniero" alla base militare di Livorno, e aggiunge per sfregio, la data della vittoria della Grande Guerra (cosidetta vittoria, dato che l'Italia andò a remengo subito dopo, e "inventò" il fascismo" per prima in Europa).

Lascio la parola a Ettore Beggiato (troverete la cronaca della battaglia in wikipedia, se non avete il suo lavoro, uscito anni fa, sull'avvenimento).

- Un monumento a memoria dei caduti - opera dello scultore triestino Leone Battinelli - venne innalzato nel 1867 nel cimitero di Lissa, rappresentante al di sopra d'un alto basamento un leone coricato morente che stringe fra le grinfie una bandiera austriaca. Sui lati del basamento vennero scolpiti i nomi dei caduti.

Alla morte di Tegetthoff, monumenti in suo onore vennero innalzati a Vienna, Marburgo (la sua città natale, oggi Maribor in Slovenia) e Pola, porto militare principale dell'impero.

Nel corso della Grande guerra la memoria di Lissa venne utilizzata fin dai primi giorni della belligeranza italiana: nel proclama che l'imperatore Francesco Giuseppe rivolse Ai miei popoli, si ammonì l'Italia con queste parole: "Il nuovo perfido nemico al sud non è per essa un nuovo avversario. Le grandi memorie di Novara, Mortara, Custoza e Lissa che formano l'orgoglio della mia gioventù e lo spirito di Radetzky, dell'Arciduca Alberto e di Tegetthoff, il quale continua a vivere nella Mia armata di terra e di mare, mi danno sicuro affidamento che difenderemo anche i confini meridionali della Monarchia". Nel contempo, in Italia vennero utilizzati per la stampa di cartoline propagandistiche i versi dannunziani della Canzone d'Oltremare (composti a cavallo della fine dell' '800) "Emerge dalle sacre acque di Lissa - un capo e dalla bocca esangue scaglia - “Ricordati! Ricordati!“ e s‘abissa". Lo stesso poeta arrivò a definire più volte la vittoria austriaca del 1866 come "gloriuzza di Lissa".

Al termine delle ostilità, le truppe italiane presero possesso delle terre della Dalmazia promesse col Patto di Londra, fra le quali anche l'isola di Lissa. Il monumento ai caduti della battaglia venne allora modificato con l'aggiunta di due placche: "Italia vincitrice" e "Novembre 1918". Quando la gran parte della regione venne annessa al nuovo Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, il monumento venne smontato e trasferito a Livorno, presso l'Accademia Navale (dove non è accessibile ai civili ndr). Anche il monumento a Tegetthoff di Pola - l'Istria venne assegnata all'Italia dopo la guerra - fu smontato: nel 1935 lo si spedì a Graz, ove venne nuovamente innalzato. Il monumento di Marburgo/Maribor venne distrutto dagli sloveni nel 1921, nell'ambito di una serie di misure tese a slovenizzare la regione e ad eliminare la memoria dell'etnia tedesca ivi residente.

A Lissa nel secondo dopoguerra le autorità jugoslave eressero una copia in scala ridotta del monumento originario, poi nel 1996 - 130° anniversario della battaglia - nella nuova Croazia indipendente - nella quale ha preso piede l'idea per cui la battaglia di Lissa contrappose la flotta italiana a quella austriaca formata in grande maggioranza da marinai croati - partì una campagna di stampa per richiedere ufficialmente la restituzione del leone trasportato a Livorno. Venne successivamente innalzato un nuovo monumento, copia esatta dell'originale: ai lati del basamento fu inserita un'iscrizione in tedesco e in croato per invocare la pace nell'Adriatico, ma nel contempo dall'elenco dei caduti scolpiti in epigrafe vennero espunti tutti i marinai con cognome italiano[6].

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