IL VERONESE SCIPIONE MAFFEI E LA CRISI DI VENEZIA


Oggi vi propongo la figura di Scipione Maffei un nobile veronese, ma soprattutto un grande intellettuale veneto, una mente aperta al nuovo tanto da capire che la nobiltà veneziana stava portando a una morte inevitabile lo stato veneto, perché incapace di aprirsi alla classe dirigente  della Terraferma. Al contrario di Roma antica, che aveva saputo conglobare i popoli aggregati o conquistati.

Scipione Francesco Maffei nasce il 1º giugno 1675 a Verona, figlio del marchese Giovanni Francesco Maffei e di Silvia Pellegrini.
Formatosi presso i collegi gesuiti di Parma e di Roma, abbracciò da giovane la carriera delle armi, divenendo ufficiale nell'esercito bavarese. Tornato in Italia dopo la battaglia di Donauwörth (1705), cui partecipò, iniziò a scrivere, pubblicando trattati su vari argomenti e rilanciando il teatro italiano della prima metà del Settecento. Contribuì alla riforma dell'Università di Torino per conto del re Vittorio Amedeo II e il suo ideale fondato sul cattolicesimo illuminato, fu per tutto il Settecento un punto di riferimento per intellettuali italiani e governanti riformatori.

Al marchese Maffei si deve l'istituzione del Museo Lapidario di Verona, avvenuta nel 1714 (alcune fonti danno date diverse), che risulta essere il primo del genere in Europa. Il Museo, oggi intitolato a suo nome, venne da lui stesso riorganizzato tra il 1744 e il 1749.
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statua del Maffei a Verona
La visione politica di Scipione Maffei si può inscrivere nella categoria del "cattolicesimo illuminato". Da giovane intraprese un viaggio per l'Europa che gli avrebbe fatto conoscere le maggiori città europee, tra cui Parigi, a cui arrivò nel 1732 e in cui soggiornò per quattro anni, accolto come membro dell'Académie des Inscriptions et Belles Lettres.

Alla conclusione del viaggio europeo, scrisse, nel 1737, il Consiglio politico, rivolto al governo veneziano, in cui denunciò la debolezza veneziana nei confronti degli stati europei. Nel Consiglio politico, Maffei metteva in discussione tutto il delicato e complesso sistema di equilibri del governo di Venezia (fondato sul dominio di un ristretto numero di famiglie patrizie veneziane e sull'esclusione di uomini dalla Terraferma), svelandone la decadenza e proponendo una soluzione ardita. Avvertiva la crisi anche fisiologica della classe dirigente veneziana, e offriva una prima critica a quella che sarebbe stata la soluzione poi scelta dal Senato, cioè la cooptazione di un certo numero di famiglie patrizie della Terraferma nei ruoli della città. Questa soluzione rimandava semplicemente il problema. Venezia aveva in realtà creato un sistema opposto a quello dell'antica Repubblica romana, grande esempio seguito da Maffei, estraniando da sé e dalle responsabilità la maggior parte dei suoi sudditi.

La fragilità di Venezia, la sua impossibilità di fare una politica estera convincente, la sua chiusura in una neutralità che nascondeva l'impotenza, erano il frutto di questo sistema, che aveva escluso i patriziati delle città della Terraferma. Mancava l'amor di patria, unica possibilità per resistere alle crescenti pressioni degli stati europei. La soluzione di Maffei era dunque il coinvolgimento di tutti i cittadini, con un trasferimento del potere dal popolo al Senato e il coinvolgimento delle popolazioni conquistate, sul modello di Roma.

A fianco al modello romano Maffei poneva esempi come il modello inglese e olandese, un sistema non assoluto, in cui le rappresentanze conservavano alcuni poteri fondamentali.

Un altro importante trattato di Scipione Maffei fu la Scienza chiamata cavalleresca (1710). Per Maffei la virtù nobiliare non doveva più fare appello al lignaggio e alle tradizioni militari, bensì alle competenze professionali e ai compiti di natura amministrativa e giuridica svolti nelle magistrature dello Stato.

Nel 1744 scrisse Dell'impiego del denaro, sulla scia delle speranze progressiste suscitate da Benedetto XIV, in cui criticava le scelte contrarie all'usura della Chiesa cattolica.

L'esperienza vissuta visitando l'Olanda gli dovette far capire quale arma si lasciava in mano ai protestanti prendendo posizioni rigide contro l'usura. Il grande sviluppo economico di paesi come l'Inghilterra e l'Olanda non impacciati di vincoli teologici, fornivano esempi di un cristianesimo più conciliabile con lo sviluppo della società civile. Maffei tentò di coinvolgere sia papa Benedetto XIV che Muratori, facendo notare come la sua teoria dell'interesse come guadagno lecito in quanto pagato per il rischio, era una delle strade obbligate che il fronte dei cattolici illuminati doveva percorrere per vincere la battaglia contro l'arretratezza e i limiti di una società tradizionale.

Nel 1711 Maffei pubblica un articolo sul Giornale de' letterati d'Italia tomo 5, in Venezia in cui descrive l'invenzione del pianoforte "gravecembalo col piano et forte" ad opera del cembalaro padovano Bartolomeo Cristofori.
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piazza delle Erbe a Verona
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Al fine di una maggior naturalezza Maffei bandisce la rima ma non il verso, ritenuto al contrario essenziale nel genere serio. Condanna il teatro francese per l'abuso della passione amorosa e degli elementi romanzeschi: oltralpe inoltre gli sembra « che il vero sì poco s'imiti e la natura sì poco si rappresenti, che i lambiccati sentimenti mostrino bensì il poeta, ma non già chi parla », cosicché la tragedia cessa di essere oggettiva e si trasgrediscono buon senso, verisimile e verità storica. Nel 1753 torna ad occuparsi di critica del teatro con De' teatri antichi e moderni, dove ribadisce le posizioni espresse trent'anni prima.

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