IL VESCOVO DOLFIN "DEMOCRATICO" A BERGAMO NEL 1796

La Repubblica Bergamasca


Di Paolo Martinucci, storico


Il vescovo Dolfin si dimostrava favorevole e «partigiano» delle novità. Si diceva che fosse stato colpito dal fatto che dei soldati francesi si inginocchiavano al passaggio del Santissimo Sacramento, mentre altri affermavano che la «conversione» fosse stata opera del segretario particolare, tale Recuperati, fanatico della «libertà» e della «uguaglianza». In realtà il vescovo era un debole — Lorenzo Mascheroni (1750-1800) aveva scritto di lui «[...] se hai la mitra, mancati la testa» (18) — e un simpatizzante della nuova libertà, al punto che, in occasione della presa del velo dal parte di una religiosa in quei giorni, il vescovo tenne un discorso di intonazione «patriottica» (19). Ma la maggioranza della popolazione si mostrava contraria alle «novità», sia per motivi religiosi, essendo nota l’ostilità della rivoluzione nei confronti delle tradizioni cattoliche, che politici, in quanto le valli e il territorio, dal 1428, avevano goduto privilegi nei confronti della città e ogni mutamento poteva significarne la perdita.

A Zogno in Val Seriana, il 19 marzo 1797, si presentava un inviato del governo rivoluzionario, un certo «cittadino» Rillosi, per chiedere all’assemblea dei capifamiglia — che nelle zone montane durante l’antico regime aveva dignità di autorità sovrana — il giuramento di fedeltà alla nuova Repubblica, ma ne otteneva come risposta un fermo diniego, anche se non definitivo. Mons. Dolfin mandava allora un suo incaricato dal commissario Faivre per sottoscrivere il suo giuramento di fedeltà al nuovo governo — «Giuro perpetuo odio alla tirannia oligarchica e fedeltà al popolo di Bergamo» (20) —e invitava alla sottoscrizione anche il suo clero, inviando in data 14 marzo ai parroci della diocesi una lettera pastorale «democratica», in cui si leggeva: «[...] chi obbedisce alle secolari potestà, a Dio obbedisce, e chiunque vi fa resistenza resiste a Dio [... .] [Occorre] spiegare con zelo e con chiarezza nei parrocchiali vostri sermoni e catechismi l’essenza del dovere, che hanno li rispettivi parrocchiani di obbedire con sentimento cordiale alle giuste leggi di questo Popolo bergamasco, rappresentato dalla sua legittima Municipalità e difeso dalla sincera e valida protezione della Repubblica Francese [...]»
. Nel contempo veniva requisita dai francesi la metà degli oggetti di argento delle chiese — eccetto i calici, le reliquie e gli ostensori —, con la promessa di pagarne in seguito il valore! Il tutto con l’autorizzazione del vescovo Dolfin . Gli occupanti richiedevano altresì un’imposta di guerra — da pagarsi in due rate di 858.460 lire ciascuna —, calcolata sul vecchio estimo. Il colonnello Landrieux, infine, compilava «rapidamente» una costituzione, la cui adozione imponeva al nuovo governo bergamasco.

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