L'ANPI NON AMA IL PROVINCIALISMO DEL VESSILLO VENETO

Su Il Gazzettino di oggi un bell'intervento di Massimo Tomasutti a proposito dell'uscita infelice del presidente dell'Anpi, associazione che ormai raccoglie tra i suoi, pure improbabili "partigiani" di pelle nera, il quale taccia di "provincialismo" addirittura il vessillo marciano. (sic) 


"Fanno molto pensare le recenti dichiarazioni del Presidente dell'A.n.p.i. Cosimo Moretti in occasione della (ormai risolta) querelle di fine anno a Martellago sulla Bandiera Veneta innalzata al posto del Tricolore.
Produce in me un forte senso di smarrimento culturale,in particolare, perché pronunciate da una persona che per il suo ruolo istituzionale immagino colta e storicamente preparata, il concetto secondo il quale l'esposizione, ancorché solitaria, dell'antico vessillo di san Marco, riduca "la propria idea del mondo  a una dimensione localista" e che ciò costituirebbe "un segno di provincialismo culturale, ideale e politico.
Non intendo polemizzare qui sulla sostituzione del Tricolore col Leone Marciano, ma - invece - affermare con forza il valore storico universale (purtroppo ancora troppo colto e accademico) della bandiera della Serenissima.
La Repubblica fu la negazione stessa del localismo, proiettata com'era con le sue imprese, commerciali e militari verso il mondo esterno, nonché fu un costante polo d'attrazione perlepiùalte personalità europee del tempo che portarono il loro contributo alla singolarità veneziana e veneta.
E' dunque la cultura di Venezia e del Veneto stesso che - ieri come oggi - assunse e promosse significati universali: mentre alla fine del tredicesimo secolo Marsilio da Padova, Rettore dell'Università di Parigi, scriveva in latino il "Defensor pacis", importantissimo saggio politico sul potere popolare, Marco Polo, quasi negli stessi anni, dettava in francese il suo Milione, come, qualche secolo dopo, farà Carlo Goldoni per scrivere le sue commedie e lo stesso Giacomo Casanova per la storia della sua vita.
Ma già nel cinquecento a Venezia si accendevano dispute di ampia risonanza e portata culturale sulla lingua italiana e sul dialetto con una personalità come Pietro Bembo, fautore della superiorità del volgare.
Questi sono solo alcuni esempi, ovviamente, ma credo davvero difficile pensare che queste opere, e quelle personalità che le produssero, siano stati solo il prodotto di un "provincialismo" culturale e locale veneto!"

MassimoTomasutti (su "Il Gazzettino" di oggi, nella rubrica "corrispondenza").


Commenti

  1. Penso che il Presidente dell'Anpi, gloriosa associazione di reduci della guerra civile, sia molto efferato con la storia e la cultura Veneta ma probabilmente anche delle ricche tradizioni culturali che permeano la nostra intera penisola, allora la domanda è: Ha senso ancora andare alle manifestazioni come ANPI con persone che forse hanno lo spirito di partecipazione ma non credo che possano assomigliare minimamente ai partigiani che combattereno una battaglia in cui credettero e morirono, ora capisco che si voglia ad ogni costo essere presenti ma forse faremmo meglio a pensare d una presenza più efficace magari nelle scuole visto il degrado di quella istituzione dove si insegna oramai poco della vera storia italiana. Questo per unirmi al dibattito senza alcun altro scopo che dire il proprio pensiero.

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  2. Gentile Signor Tomasutti,

    condivido tutto quello che lei afferma sul valore storico della bandiera della Serenissima. Aggiungo che la Repubblica di San Marco è stata nel mondo di allora, non soltanto il centro degli scambi culturali e commerciali, ma ha anche ospitato e protetto il dissenso, ha favorito, attraverso la stampa, la diffusione in lingua volgare della Bibbia e di tanti altri testi filosofici e letterari.
    Va da sé che il vessillo di San Marco non è affatto simbolo di provincialismo culturale. Tutt’altro.
    Allora su cosa non riusciamo ad intenderci?
    Il gesto di ammainare la bandiera italiana e issare al suo posto la bandiera di San Marco è un gesto di provincialismo culturale. E’ il gesto ignorante di chi vuole enfatizzare l’identità veneta contrapponendola ad altre identità, in cui non vuole storicamente riconoscersi. E’ un gesto che va stigmatizzato anche per difendere l’identità veneta che va affermata, non isolata, in un più ampio contesto nazionale ed europeo.
    Un concetto che è stato condiviso, in un comunicato congiunto, con il sindaco ed alcuni assessori del Comune di Martellago. Tant’è che in primavera prossima, con orgoglio, le tre bandiere, quella di San Marco, quella italiana, quella dell’Unione Europea, sventoleranno insieme al Parco Laghetti in una festa di tutti.
    Le aggiungo, e mi dichiaro disponibile a un confronto pubblico se ne ha piacere, che da quattordici anni dirigo, in qualità di presidente, un periodico annuale di storia locale (territorio del Miranese, della Riviera del Brenta, del Trevigiano) chiamato “Esde” (anagramma del fiume Dese), in cui storici del territorio e dell’università Ca’ Foscari pubblicano le loro ricerche sulla storia locale. Con il patrocinio di tutti i Comuni interessati e con il patrocinio della Regione Veneto.
    Il sottoscritto, Signor Tomasutti, è di origine pugliese e vive nel Veneto dal 1970. Io non sostituisco la mia cultura con quella di un altro, semmai l’aggiungo e mi arricchisco di valori e di ideali.
    Per quanto riguarda l’Anpi (Associazionale Nazionale Partigiani d’Italia) della cui Sezione di Martellago sono presidente, vorrei informare che, poiché i partigiani oggi sono quasi tutti scomparsi, lo Statuto prevede che nuove generazioni possano proseguire la loro opera di difendere e diffondere i principi e gli ideali della Costituzione Italiana, nata dalla Resistenza.
    Un cordiale saluto.
    Cosimo Moretti
    presidente sezione Anpi Martellago
    presidente Associazione di Storia Locale “L’Esde”

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  3. inserisco la risposta dell'autore dato che Tomasutti ha avuto dei problemi tecnici a farlo di persona.

    Gentile Presidente Cosimo Moretti,
    Mi fa piacere apprendere che Lei condivide quanto da me
    scritto sul Gazzettino in merito al valore “universale”, e non
    provinciale, del Vessillo Marciano. Ovviamente, mi sono
    limitato ad enucleare solo alcuni esempi storici tra quelli
    possibili. In termini più generali, basti pensare che quando
    la celebrata “Ragione” dell’89 rivoluzionario francese
    arriverà a Venezia sulla punta delle baionette dell’Armata
    napoleonica che cosa realmente vi trovò? Nient’altro che un
    paio di forbici – già appartenute a Paolo Sarpi -, con le quali,
    e da lungo tempo, la Serenissima Repubblica si era servita
    per tagliare gli artigli dell’Inquisizione romana e le unghie
    delle arpie gesuitiche. Una verità storica e universale (laica,
    ma con alcuni distinguo) ‘abbondante’: la Repubblica, con la
    sua anima politica, fu – prima e dopo il finale 1797 –
    l’ostacolo irriducibile del più spietato imperialismo europeo:
    l’imperialismo della (supposta e definitiva) Ragione
    illuminata. La questione, dunque, sotto il mero profilo
    storico-culturale – e come Lei conferma -, non si pone.
    Questo era ed è l’aspetto ‘culturale’ che mi premeva e che
    intendevo rimarcare in relazione alle Sue dichiarazioni.
    Quanto al gesto (politico) in sé stesso, di sostituzione delle
    bandiere, è un altro discorso che esula – per l’appunto -,
    dalle mie considerazioni. Questo – penso -, è il punto
    centrale sul quale “non ci capiamo”. Un gesto ‘politico’, se
    vuole sapere come la penso in proposito, che pur
    stigmatizzabile nella forma, intendeva riaffermare, con
    modalità operative certo errate, che, in realtà, del vecchio
    Leone di San Marco non è stata venduta che la pelle - trofeo
    di caccia sia del vorace espansionismo della borghesia
    illuministica europea ottocentesca che del moderno
    progressismo politicamente corretto di questi decenni -, ma
    che la sua anima ‘universale’, aperta per natura e destino, è
    rimasta: ancora intatta e inafferrabile, un po’ come quella
    dei cristiani che furono abbandonati alle feroci fiere dei
    circhi romani. Un’anima resiliente che, con rispetto per​
    tutte le altre, non teme confronti culturali e storici di sorta.
    Resto sempre disponibile al civile confronto dialettico su
    queste tematiche.
    Cordiali saluti
    Dott. Massimo Tomasutti

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