LA PROMISSIONE DEL DOGE


Antonella Todesco


La promissione imponeva al Doge di adoperarsi sempre per il bene dello Stato; di non conseguire più potere di quanto gli era concesso; di fare eseguire le sentenze dei magistrati; di intervenire ai Consigli (dove aveva il ruolo di presidente); di curare l esazione del pubblico denaro; di vigilare alla buona conservazione della laguna (minacciata dai continui interramenti); di visitare periodicamente l Arsenale a stimolo di operosità, e ricerca dei bisogni; di sollecitare il disbrigo delle cause civili e dei processi criminali; di soprintendere agli Ospitali; d'osservare tutto ciò che era prescritto nel suo capitolare.
Tra le restrizioni, a mano a mano introdotte dai Correttori (eletti dal Maggior Consiglio) meritano menzione quelle relative al divieto di ricevere doni da chicchessia; di uscire da Venezia senza la licenza del Maggior Consiglio; di aprire dispacci se non alla presenza dei suoi consiglieri; di parlare con ambasciatori stranieri senza l intervento di quattro consiglieri ducali e due capi della Quarantina criminale (ossia due terzi della Serenissima Signoria); di girare per la città se non in processione e con la pompa stabilita dal cerimoniale. Il cerimoniale stabiliva tutte le regole d etichetta ch egli doveva rigorosamente osservare a decoro e rappresentanza della Repubblica, mentre, la vera sovranità apparteneva quasi per intero ai membri del Maggior Consiglio.
I consigli venivano da lui presieduti ma nelle deliberazioni non aveva che un solo voto.
Il suo nome era impresso sulle monete, gli editti portavano sempre la dicitura 'Il Serenissimo Principe fa sapere" ma le lettere credenziali degli ambasciatori veneziani presso le corti straniere non dovevano portare né la sua firma né il suo sigillo.
Perciò col.nome di Doge si intendeva veramente il Governo ossia la Repubblica non già il Doge stesso che era "in habitu Princes in Senatus Senator, in foro civis" e soggetto, al pari di qualunque altro patrizio, al Consiglio dei Dieci.


Solamente nei primi secoli il doge aveva potere assoluto e provvedeva anche alla sua successione tramite un co-reggente.
Dal 1032 questo gli fu proibito e gli vennero affiancati due consiglieri. Un dogado ereditario avrebbe rappresentato una monarchia assoluta ben lontana dal concetto politico di aristocrazia nobiliare meritocratica cui la società veneziana realmente tendeva.

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