LA CORNACCHIA, IL LUPO E LA DEA REITIA. CHE CI FANNO ASSIEME
In una necropoli a Montebelluna, è stato rinvenuto un meraviglioso disco in bronzo, che serviva da coperchio, in genere, per le situle (secchie, vuol dire in latino), i vasi sacri che facevano parte del corredo funebre di personaggi illustri paleo veneti.
Mostra la nostra Dea Reitia, in compagnia probabilmente di un corvo o cornacchia, e un lupo. Le cornacchie erano animali che i Veneti rispettavano e a cui si sentivano in dovere di offrire sacrifici all'inizio della stagione agricola. Nei campi, ricchi di messi anche allora come oggi, le cornacchie erano anche temute per la loro voracità e gli storici antichi ci raccontano:
Teopompo narra che gli Eneti residenti lungo l’Adriatico, quando è il momento dell’aratura e della semina, offrono alle cornacchie doni consistenti in specie di pani e focacce, impastate molto bene. L’offerta di questi doni vuole allettare e stabilire una tregua con le cornacchie, in modo che esse non scavino e non raccolgano il frutto di Demetra affidato alla terra (sementi)..
Lico concorda con questo racconto e aggiunge che gli eneti portano anche cinture purporee e che gli offerenti poi se ne vanno. Gli stormi delle cornacchie restano fuori dai confini, mentre due o tre di esse sono scelte e mandate verso i messi che arrivano dalla città, per rendersi conto dell’nsieme dei doni.
Queste, dopo l’esame, fanno ritorno, e chiamano le altre…Arrivano dunque a nugoli e, se assaggiano le offerte suddette, gli Eneti sanno di essere in stato di intesa con gli uccelli in questione, se invece non le curano sprezzandole come modeste, non le gustano, gli indigeni restano convinti che il costo di questo disprezzo sia per loro la fame. Se infatti i predetti uccelli non ne mangiano e, per così dire, non si lasciano corrompere, esse calano sui campi e saccheggiano la maggior parte delle sementi, scavando e cercando con rabbia tremenda.
Lico concorda con questo racconto e aggiunge che gli eneti portano anche cinture purporee e che gli offerenti poi se ne vanno. Gli stormi delle cornacchie restano fuori dai confini, mentre due o tre di esse sono scelte e mandate verso i messi che arrivano dalla città, per rendersi conto dell’nsieme dei doni.
Queste, dopo l’esame, fanno ritorno, e chiamano le altre…Arrivano dunque a nugoli e, se assaggiano le offerte suddette, gli Eneti sanno di essere in stato di intesa con gli uccelli in questione, se invece non le curano sprezzandole come modeste, non le gustano, gli indigeni restano convinti che il costo di questo disprezzo sia per loro la fame. Se infatti i predetti uccelli non ne mangiano e, per così dire, non si lasciano corrompere, esse calano sui campi e saccheggiano la maggior parte delle sementi, scavando e cercando con rabbia tremenda.
E il lupo, che ci sta a fare?
Forse saprete che la Dea Reitia era anche la protettrice delle partorienti: il lupo, non solo per i Veneti, era simbolo di potenza sessuale, e quindi rimandava alla fertilità delle nostre donne. Lo troviamo infatti accostato a varie divinità femminili e l'amico Andrea Girone mi ha inviato una nota relativa a una corsa che si tiene a Verona, in forma di palio, in cui si parlava delle feste "lupifere" dette dai cugini romani di allora"lupercalia" in onore di Fauno.
Essi correvano nudi divisi in due squadre, schernendo i passanti, e colpendo le giovani donne con staffili formati da striscie di pelle caprina (un chiaro richiamo a Pan) per renderle così più fertili.
Ebbene i giovanotti erano detti "Luperci"-lupacchiotti, proprio per il richiamo alla supposta simbolica potenza sessuale selvaggia del lupo. Ecco quindi spiegata la presenza di questi due animali, onorati dai Veneti, nella raffigurazione della Dea.
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