I BOMBARDIERI VENETI si fan da parte.

Prima della costituzione del moderno corpo di Artiglieri, lo stato veneto ricorreva ai volontari. Ce lo spiega Eugenio Barbarich, storico italo dalmata di fine '800.

Fino all'anno 1757, l'esercito veneto non ebbe un corpo di artiglieria a sè, a somiglianza dei reggimenti delle altre armi. Nè la specializzazione tattica dei cannonieri era giunta ancora a tal segno da richiedere particolari provvedimenti a loro riguardo, sicchè la Serenissima si compiaceva di conservare loro, al possibile, quella tal veste di maestranza, rimasuglio di vecchi statuti e consorterie, dalla quale il corpo medesimo, con poca spesa, ritraeva grande prestigio e saldo vincolo organico. Al servizio ordinario nei castelli, nelle fortezze e sui pubblici legni armati, provvedevano i cosìdetti artiglieri urbani, bombardieri o bombisti; propaggine delle cerne e particolare aspetto delle Landwehr venete che, in origine, erano così ricche di multiformi e fecondi atteggiamenti da milizia popolare.
Ai bombardieri appartenevano infatti per obbligo gli affiliati alle maestranze ed alle scuole devote al culto di Santa Barbara, il quale rifletteva sulla consorteria uno spiccato carattere religioso militante. Dopo il 1570 la confraternita si ridusse in fraglia, cioè scuola o associazione laica, sotto la protezione della medesima santa, con capitolari che prescrivevano ai componenti dell'arte alquanti esercizi personali obbligatori I Provveditori al Comun dovevano scrupolosamente vegliare l'assetto di questa scuola ed all'osservanza dei doveri degli affiliati, d'accordo con il magistrato alle artiglierie e con «quello alle fortezze».
bombardiere a metà Settecento
Ogni città fortificata o castello disponeva di un nucleo organizzato di codesti bombardieri, istruito, disciplinato e condotto da ufficiali medesimamente prescelti tra le maestranze. I bombardieri di Venezia, dell'estuario e dei riparti Oltremare, con le rispettive scuole, dovevano provvedere al servizio delle artiglierie sui pubblici legni, oppure assoggettarsi al pagamento della relativa tansa, o tassa di esonerazione come si è detto più sopra.

I bombardieri - secondo i capitolari dell'arte - dovevano presentarsi a raccolta ad ogni tocco di generala, oassemblea, sottomettersi alla estrazion del bossolo, cioè a dire al sorteggio, come praticavasi con le cerne ove occorresse designare gli artigiani necessari per servire le artiglierie sulle navi, formare pattuglie notturne nelle cittàmurate, montare dì guardia alle porte, scortare convogli di polveri e di munizioni da guerra ed estinguere incendi nelle province di terraferma. I bombardieri di Venezia infine, dovevano esercitarsi nei pubblici bersagli di S. Alvise e del Lido, «onde ammaestrarsi nel maneggio di tutte le armi che usar debbono in guerra, con cannoni ad uso di mar e di terra, moschettoni a cavalletto, fucili e carabine, lancio delle bombe e maneggio della spada».
antico falconetto da nave
Oltre a questo tirocinio, i bombardieri veneziani dovevano far mostra di sè nelle pubbliche solennità, in quella dello Sposalizio del mare, nelle feste dell'incoronamento del Doge ed all'atto dell'ingresso dei patriarchi, procuratori e cavalieri della Stola d'oro.Tutti questi servizi erano gratuiti - compreso quello di pompiere cui erano astretti i bombardieri di Terraferma - salvo una bonifica di 8 ducati, corrisposta annualmente dallo Stato per ogni componente dell'arte a pro' della confraternita ed a titolo di maestranza perduta
Col tempo queste costumanze derivate dalle età eroiche, da una condizione semplicista ed arretrata dell'evoluzione industriale e della compagine operaia, cominciarono prima a scadere e dopo a degenerare. Molti bombardieri si svincolarono dal giogo del servizio personale obbligatorio pagando le “tanse”, individuali dapprima, collettive di poi - vale a dire le insensibili - quando cioè, con l'insofferenza del servizio, crebbero l'avarizia ed il disamore alle armi, ed il mestierantismo militare attecchì su questo terreno brullo ed infecondo come una fioritura di erbàcce selvatiche. (giudizio ingeneroso, da parte di un Risorgimentalista italiano, fu al contrario un riassetto che nei primi del 700 ammodernò l’esercito ndR )
Sulla seconda metà del secolo XVIII quasi tutte le compagnie venete dei bombardieri si erano assottigliate in modo straordinario, e con esse - ridotte in totale a poche centinaia di uomini - si doveva provvedere al servizio dei 5338142 pezzi esistenti a quell'epoca sui rampari e sui navigli della Repubblica. Quale truppa infine, i seguaci diSanta Barbara si erano ridotti - come scriveva il maggiore Domenico Gasperoni - nè più nè meno che un branco di individui, la cui uniforme e le stesse baionette erano quasi sempre impegnate o in vendita ai cenciaoli.

Urgeva quindi porre riparo a tanta rovina, resa ancor più grave dal progresso cospicuo che altrove aveva realizzato l'arma d'artiglierìa nella tecnica e nella tattica, mercè l'addestramento continuo ed intenso dei cannonieri; laddove i bombardieri veneti dedicavano all'arte di Santa Barbara soltanto il limitato tempo che le giornaliere occupazioni loro concedevano, ed anche questo di malavoglia o facendosi surrogare dai peggiori rifiuti della società.
stilo da bombardiere per forare il cartoccio della carica

Ebbe così vita, nel 1757, il primo nucleo del Reggimento veneto all'artiglieria, reclutato con i soliti metodi delle milizie di mestiere, mercè le cure del sovraintendente dell'arma di allora, che era il brigadiere Tartagna, venuto al servizio della Repubblica dall'Austria. Successivamente il brigadiere Saint-March ed il sergente generale Patisson) proseguirono l'opera del Tartagna, specie il secondo che può considerarsi il vero e proprio riformatore dell'artiglieria veneta della decadenza.
Eugenio Barbarich, dello stato Maggiore dell’esercito italiano, stampato nel 1903 “la campagna del 1796 nel Veneto”

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