SIGNIFICATO STORICO E VALORE DELLA BATTAGLIA DI LEPANTO
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Ricostruzione di una galeazza veneta, che fu decisiva assieme alle altre, nello scompafinare subito lo schieramento del Turco |
Nelle polemiche seguite agli attentati dell’11 settembre 2001, in nome di un irenismo e di un ecumenismo spinti all’eccesso, molti hanno voluto negare il carattere intrinsecamente bellicoso dell’Islam, richiamato invece dal Santo Padre Benedetto XVI nel mirabile discorso di Ratisbona, che tante polemiche ha suscitato. Maometto è in realtà l’unico fondatore di una religione che fu anche un capo guerriero; fin dall’inizio l’Islam si espanse con la violenza e la “guerra santa” è uno dei precetti fondamentali della dottrina e della prassi musulmana. Tutte caratteristiche assenti nel Cristianesimo, che, si diffuse grazie ai martiri, che versarono docilmente il proprio non l’altrui sangue, come fanno invece oggi i seguaci fanatici di Allah, che si uccidono per portare la morte. Il Cristianesimo, non è però affatto una religione che sposa il pacifismo, come oggi si vorrebbe sostenere. Nei Vangeli non solo non compare alcuna condanna del servizio militare, ma anzi in diversi episodi traspare un’evidente simpatia per i centurioni dell’esercito romano, come ha ricordato più volte il Beato Giovanni Paolo II, anche nel 2000 in occasione del giubileo dei militari.
Altri hanno proposto una lettura assolutamente parziale dei rapporti tra Islam e Cristianesimo, evidenziando i momenti di dialogo e quasi cancellando secoli di aggressività musulmana. Ricordo in particolare un articolo su Avvenire nel quale Franco Cardini definiva Lepanto una vittoria sostanzialmente inutile, “una storia agrodolce con qualche risvolto comico”, e fustigava “qualche bollore crociato che è riaffiorato oggi in campo cattolico” come “ridicolo ... più che inopportuno”. Lo storico fiorentino, forse tradito dal suo filo-islamismo, farebbe bene a rileggere il giudizio autorevole di Fernand Braudel: “[Se] anziché badare soltanto a ciò che seguì a Lepanto, si pensasse alla situazione precedente, la vittoria apparirebbe come la fine di una miseria, la fine di un reale complesso d’inferiorità della Cristianità, la fine d'una altrettanto reale supremazia della flotta turca [...] Prima di far dell’ironia su Lepanto, seguendo le orme di Voltaire, è forse ragionevole considerare il significato immediato della vittoria. Esso fu enorme”.
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Un maestro della storia militare, il britannico Sir John Keegan, elenca Lepanto tra le quindici battaglie navali decisive della storia, da Salamina tra greci e persiani nel 480 a. C., al Golfo di Leyte tra americani e giapponesi nel 1944; ove per decisiva s’intende “d’importanza duratura e non puramente locale”. Lepanto segna la fine del potere navale ottomano ed “arresta l’avanzata musulmana nel Mediterraneo occidentale”, che da allora fu salvo dalla minaccia strategica dell’espansione turca (anche se non dalle incursioni dei pirati barbareschi, contro i quali combatteva la flotta dell’Ordine di Malta), così come l’assedio di Vienna del 1683 bloccò l’avanzata terrestre dell’Impero ottomano. L’insigne storico Angelo Tamborra afferma che “con Lepanto”, anche se non ebbe “immediate conseguenze strategiche”, “prende fine ... stabilmente, quello stato d’animo di rassegnazione e quasi di paura ossessiva che aveva prostrato l’Occidente, preso dal “mito” della invincibilità del Turco” ed afferma che con tale battaglia si ebbe il “definitivo declino della talassocrazia turca del Mediterraneo”. Poche righe prima, lo stesso Autore scrive che “la Cristianità, già frammentata in nazioni in lotta di predominio le une contro le altre – taluna delle quali non aveva esitato a ricercare il compromesso o addirittura l’alleanza con il Turco – aveva visto ricomporsi, per un momento e almeno in parte, la sua unità contro il nemico comune”.
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