Mangiare con le TRE F; come si mangiava e cucinava.
COSA SI MANGIAVA, COME SI CUCINAVA
Anche nelle cucine dei ricchi non si buttava via niente, tutto era utilizzato o riutilizzato grazie all'uso delle spezie. La conoscenza delle nostre radici passa inevitabilmente attraverso i fornelli.
Bartolomeo Scappi,
il più grande cuoco del Rinascimento, antesignano e fondatore della cucina
occidentale nata dalla fusione di quella veneziana, francese e spagnola, iniziò
proprio a Venezia la sua carriera al servizio del cardinale Marin per poi
passare alla corte di papa Paolo III° Farnese (quello del Concilio di Trento).
Cosa significava
essere responsabile delle cucine vaticane? Ai tempi di papa Clemente VII°
risiedevano in Vaticano circa una ventina di cardinali, tutti con il loro
seguito di servitori, formando una comunità di almeno centocinquanta/duecento
di persone a cui dar da mangiare (sotto papa Paolo III° arrivarono fino a
settecento).
Altro
grande cuoco, contemporaneo dello Scappi, fu il ferrarese Cristoforo Messisbugo
(detto Messi Sbugo, come si legge in
documenti autografi, forse perché i suoi genitori erano originari delle Fiandre) del quale non si hanno notizie
certe di suoi eventuali banchetti in laguna, forse perché vietati dagli stessi Estensi. Senz’altro
venne a Venezia nel 1557 per far stampare “Libro novo nel qual si insegna a
far d'ogni sorte di vivanda e nel 1610 per dare alle stampe l’altro suo
libro “Banchetti composizioni di vivande
e apparecchio generale”, in cui ci sono 315 ricette, dieci cene, tre
desinari e un festino.
Libro novo nel qual si insegna a far d'ogni sorte di vivanda - 1557, Venezia |
Cristoforo Messisbugo, detto Messi Sbugo |
Sulla tavola
veneziana di tutti i giorni c’era molta verdura e non solo pesce come molti
sarebbero portati a pensare. I prodotti dei campi, come fave, peperoni, cavoli,
cipolle, asparagi, carciofi erano impiegati per fare i primi piatti o per
contorno, poi con l’arrivo del riso e degli spaghetti (vermicelli) nel 1700
dalla Campania, la fantasia si è sbizzarrita senza limiti.
I fagioli, assieme
ai pomodori, alla zucca ed al mais, arrivati anche in laguna dopo l’apertura
delle via commerciali con le terre scoperte da Colombo, non incontrarono subito
le grazie di quasi tutti i cuochi dell’epoca. Al contrario del tacchino che lo
usarono da subito per le sue dimensioni e per la quantità di carne che offriva in
alternativa all’oca e a tutto il pollame.
In ogni stagione le
verdure accompagnavano sia la carne sia il pesce fresco o salato come anguille,
trote, carpioni, tinche.
La sua cucina è diventata
tipica per aver subito l’influenza delle culture con cui la Serenissima è venuta
in contatto.
Sulla cucina
veneziana è arrivato a noi il ricettario di un anonimo cuoco veneziano, redatto
verso la fine del 1300 (conservato presso la biblioteca Casanatense di Roma), che
si caratterizza per una particolarità: nelle 135 ricette sono assenti tutte
quelle a base di pesce. Senz’altro quel cuoco le avrà ritenute banali, troppo
scontate e conosciute per essere riportate in un ricettario manoscritto, tanto
più in tempi in cui lo scrivere e il leggere era cosa destinata a uomini di
cultura superiore.
Il menù veneziano
del XIV° sec era caratterizzato dall’uso massiccio delle spezie e di nuovi
prodotti, come lo zenzero per esempio, oppure l’interpretazione di piatti
importati (vedi le sarde in saòr) che erano già entrati nella dieta di chi
navigava.
Altre fonti del
1500 invece ci confermano l’importanza dei prodotti ittici nell’alimentazione
di tutti giorni: una è la famosa cronaca di Marin Sanudo che, nel descrivere le
pescherie di Rialto, elenca oltre 60 specie tra pesci d’acqua dolce e marina,
crostacei e molluschi. Un’altra fonte, a sostegno della precedente, sta nella
testimonianza dell’aquilano Giulio De Solis nel 1591, quando, parlando delle pescherie
di Venezia, afferma che ogni giorno sui banchi c’è tanto pesce “che non si
trova in Roma e Napoli messe assieme in un intero mese”.
L’approvvigionamento
degli ortaggi, per accompagnare carne e pesce, era garantito dagli orti delle
isole e delle zone del Cavallino, Lido, Malamocco e Pellestrina. Ricercati erano
i carciofi (castraure), gli asparagi,
i bruscandoli, cioè i getti del luppolo, le zucche in particolare quella di
Chioggia (zucca barucca). Crescono
con ottimi risultati, grazie al clima caldo-umido e all’aria salmastra lagunare,
il radicchio, i piselli, le zucchine, i fagioli, le melanzane, i peperoni, i
finocchi, i cavoli. Chi ha avuto modo di mangiare prodotti provenienti dalle
Vignole o da S.Terasmo sa benissimo di quali caratteristiche si sta parlando e
delle differenze con i prodotti provenienti dalla terra ferma.
D’estate sui banchi
di Rialto non mancavano meloni, angurie, nespole, fichi, pere e nei mesi
d’autunno l’uva, melagrane, giuggiole, noci, mandorle, arance, limoni.
(fine prima parte)
Solo su richiesta ingredienti e modalità di preparazione di due ricette in versione originale.
ANITRA IN SALSA - Per cuocere anatre selvagge o di bassacorte
[dal ricettario di Bartolomeo Scappi]
POLLO ALL'ARANCIA - Per fare pollame con savore francese
[dal ricettario di Cristoforo Messisbugo]
Commenti
Posta un commento