LA VITA AL REMO E IL TERMINE "GALEOTTO"




Fu ben presto impossibile reclutare tutti i marinai e rematori nelle lagune venete. In misura sempre maggiore gli equipaggi sulle navi mercantili o da guerra venivano reclutati in Dalmazia o in Grecia, ma molta parte anche dalla Terraferma.
Le Terre tramite una imposizione chiamata angarìa, tollerata senza eccessiva avversione perché utile a combattere e contenere l'eterno nemico dell'Europa, il turco musulmano, in pieno espansionismo da secoli, fornivano rematori per servizi in genere stagionali. Padova forniva 800 uomini, Vicenza 700, Brescia e Salò 1200, Verona 800, Crema 200, Bergamo 600.
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Oltre a quelli di leva vi erano quelli condannati a pene lievi (in genere per bestemmia o per debiti) e i secondi potevano ripagare il debitore o lo stato co il servizio reso. Anche i prigionieri di guerra erano catalogati tra questi.
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Interessante l'evoluzione del termine galeotto che all'inizio indicava un rematore generico, ma poi i rematori detti di buona voglia andarono sempre più rarefacendosi, e d'altro canto la condotta dell'equipaggio andava sempre più adeguandosi in peggio allo stile dei condannati per cui il termine andò a significare quello che si intende oggi, una specie di malfattore condannato.
La vita a bordo del resto, era uguale per tutti, l'unica differenza era che i rematori per condanna erano legati al banco con una catena (e in caso di naufragio molto spesso non si riusciva a liberarli), mentre gli altri no.

VITA A BORDO

Fissi i rematori ai banchi, anche per bisogni corporali, che venivano espletati in loco tramite un bugliolo che si passavano l'un con l'altro, il tanfo era tale che l'imbarcazione, con vento favorevole, era preannunciata dall'odore insopportabile. Tanto che, ho letto in un saggio specialistico, ufficiali e altri a bordo (soldati o passeggeri), usavano le prese di tabacco aromatico per resistervi meglio. Vita durissima, a cui si poteva resistere per pochi anni.

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