I CADUTI IN GUERRA? PERCHE' SPRECARLI? FACCIAMONE CONCIME e guadagnamoci



Tra le tante nefandezze della Grande Guerra una fu talmente grossa che un velo pietoso, un oblio omertoso, cadde sulla vicenda, ma noi una volta letta e controllate le fonti, la riproponiamo ogni tanto. Si tratta del commercio (sottolineo) delle ossa dei Caduti, che divennero anche concime "per fecondare" il suolo italico, come amavano dire certi figuri per altre circostanze. Certo furono dei farabutti ma alcuni indossavano l'uniforme, ed è una cosa vomitevole. Logicamente tutto fu insabbiato e non se ne parlò più. Amo questo paese. Dove ne trovi uno uguale? (E' sarcasmo, per quelli che non ci arrivassero!).

Di Bruno Pederoda

"Mentre ogni paese si mobilitava per innalzare un monumento ai propri caduti, - degli operai raccoglievano dagli altipiani, dal Carso, le ossa dei Caduti per lo sfruttamento industriale della fabbricazione dei fosfati - " (1) E quando fu finalmente posto termine alla profanazione, ecco lo sfruttamento cambiare tipo e direzione.
"Tuttora dei turpi vanno rubando le casse di zinco dai cimiteri, le croci, le lamiere delle cappelle votive e persino le pietre dei muri dei sacri recinti". L'Italia si era lasciata prendere dalla tentazione di diventare grande nazione prima ancora di essere diventata una 'nazione civile'. Era il pericolo che Giuseppe Prezzolini aveva paventato fin dai tempi della guerra italo turca e, in fondo, la disgrazia che da sempre ci attanaglia.

Pederoda spiega anche un altro mercanteggiamento sui poveri resti:

"Se il Genio militare aveva rischiato una pessima fama per gli intrallazzi compiuti da alcuni dei suoi ufficiali ed ex ufficiali impegnati nella ricostruzione, la Sanità Militare rischiò invece di macchiarsi di infamia, per l'odiosa speculazione introdotta da non pochi dei suoi nell'opera di riesumazione, trasporto e ricomposizione delle salme dei caduti.

 

La tecnica del malaffare non differisce gran che tra l'una e l'altra delle Armi: in entrambi i casi ci si imbatte in qualcuno che depone le spalline per darsi al mercato e in qualche altro che invece le conserva per dargli man forte e poi dividere gli utili. La voce di infami speculazioni sui cadaveri era presto circolata; scrivendone a poco meno di tre anni dalla cessazione del conflitto, il giornalista vorrebbe far credere il malaffare 'un ricordo', legato al comportamento di imprese civili "che ebbero cura delle salme di caduti in guerra (...) in quanto fu da qualcuna di queste speculato sui grandi eroi della Patria, dividendo una salma in più parti, per far figurare un maggior numero di morti" (2).
Va osservato, però, che la certezza dell'esistenza del losco affare si ebbe solo dopo un'interrogazione parlamentare e che la conferma dell'orrenda verità venne per bocca del Ministro della Guerra. L'indegno traffico si svolgeva in parecchi cimiteri, ma in modo particolare in quelli del Grappa. E' qui che un ex ufficiale della Sanità ' dei paesi di Roma' si improvvisa imprenditore ed ottiene dagli ex commilitoni responsabili del settore l'appalto della traslazione dei cadaveri. C'era un tariffario di 60 lire a salma, ma si trovò subito il modo di non sporcarsi le man subappaltando per ben due volte i lavori, sicché gli operai ricevevano un terzo della cifra pagata dallo stato.

Il rappresentante del Governo, pur ammettendo davanti alla Camera pesanti responsabilità di persone appartenenti all'esercito, tentò tosto di scaricare il grosso delle colpe sugli operai.

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note:
da Tra le macerie e miserie di una regione dimenticata, di Bruno Pederoda
(1) il Risorgimento, 22-23 febbraio 1922, nr. 4
(2) il Risorgimento, 16 giugno 1921, nr. 142
Cappellano insieme ai soldati, sul Grappa

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