LE PUNIZIONI DEI SOLDATI NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE


Tra gli orrori di questa guerra, che nella retorica patiottica unitaria odierna dovrebbe unire gli italiani (ma è come invitare i discendenti superstiti di una strage ad unirsi all'autore della medesima) ci furono anche le punizioni di quei militari che osarono ribellarsi al meccanismo infernale messo su per massacrarli in massa. Fu colpito anche mio nonno bersagliere, ferito a una mano da una scheggia sul Pasubio nel 1916, finì a Brescia in retrovia  fare il piantone: dopo mesi di orrori, qualche cosa scattò in lui e si beccò 3 anni, 3 mesi, 3 giorni per insubordinazione dal Tribunale militare. Ma non li scontò mai, fu spedito di nuovo al fronte, come staffetta portaordini, serviva carne da macello o si fermava la macchina messa in piedi dal Cadorna. Lp scoprì mio fratello nel suo casellario al distretto militare, lui non ce ne parlò mai, come non parlava mai della guerra, solo gli si bagnavano gli occhi di lacrime, a nominargliela. 

Dedicà a nono Luigi Bozzolan, bersaliere ciclista de Legnaro.


Uno degli aspetti meno conosciuti della vita in trincea e in retrovia fu quello delle punizioni e dei processi ai soldati. Si trattò di un fenomeno diffuso che coinvolse indistintamente centinaia (e forse migliaia) di uomini. Luigi Cadorna infatti, sin dall'inizio della guerra, aveva ordinato la massima severità per il mantenimento della disciplina e il rispetto dell'autorità. Atteggiamento che, nel corso del conflitto, si irrigidì sempre di più assumendo spesso i contorni di una spietata crudeltà . I soldati che si rifiutavano di uscire dalle trincee durante un assalto ad esempio potevano essere colpiti alle spalle dai plotoni di carabinieri mentre la censura in trincea divenne ogni giorno più oppressiva. Qualsiasi lettera scritta dai soldati non poteva contenere informazioni diverse da quelle pubblicate dai giornali italiani e doveva trasmettere entusiasmo per la guerra. Chi non rispettava queste indicazioni rischiava la condanna al carcere militare.

L'aspetto più tragico e crudele furono però le condanne a morte a carico dei soldati. È stato calcolato che tra l'ottobre del 1915 e l'ottobre del 1917 furono eseguite circa 140 esecuzioni capitali dovute ai motivi più disparati. Inizialmente questo provvedimento fu preso solo in casi di estrema gravità (ad esempio per diserzione o spionaggio) ma successivamente si estese anche a casi apparentemente meno gravi. Un soldato poteva essere fucilato per essere ritornato in ritardo dopo una licenza oppure per essere stato sorpreso a riferire o scrivere una frase ingiuriosa contro un suo superiore. Stessa sorte venne prevista per tutti quegli ufficiali che, anche per un solo momento, avessero dubitato della tattica imposta dal Comando Supremo.



Più la Grande Guerra andava avanti, più gli episodi di crudeltà si moltiplicarono. Ovunque si verificassero disordini, piccole proteste o episodi di insofferenza verso le decisioni prese dai superiori si assistette a delle condanne a morte. Nei casi di un reato commesso da un gruppo di soldati (come una brigata), la strada prescelta era quella della decimazione.
Uno dei casi più celebri fu quello della Brigata Catanzaro, avvenuto a Santa Maria la Longa nel luglio del 1917. I soldati, dopo aver combattuto in prima linea sul Carso isontino, sull'Altopiano di Asiago e poi nella zona del Monte Ermada, furono trasportati nelle retrovie a riposare. Gli uomini erano stremati: da molto tempo le licenze erano state sospese e la difficile vita in trincea li provò notevolmente.
Dopo pochi giorni, anziché essere trasferiti in un settore più tranquillo, gli fu ordinato di riprendere la strada verso il terribile Monte Ermada. A quel punto scoppiò la rivolta: 9 soldati e due ufficiali vennero colpiti a morte e solo l'intervento dei blindati e dell'artiglieria leggera fermò l'ira della Brigata Catanzaro. Ristabilita la calma, i comandi militari decisero di dare un messaggio esemplare: 12 soldati, scelti a caso, vennero giustiziati e 123 furono mandati davanti al Tribunale Militare.

Commenti

  1. Mio padre che la fece raccontava che x punizione li legavano ad un palo in vista al nemico ma era una punizione che adoperavano anche gli austriaci e quindi mi disse non e' mai successo che si sparavano su questo ci stava rispetto. Facevano finta di spararsi sbagliando i colpi volutamente questo mi disse ...mi racconto' degli assalti con la baionetta sul fucile a scannarsi a vicenda...uno schifo

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