IL DIRITTO ALL'IDENTITA' NEL GIORNO DI SAN MARCO. Il Gazzettino.



Il nostro Massimo Tomasutti, storico veneziano, difende in una lettera inviata al Gazzettino, il diritto a trovarci, veneti e veneziani, in piazza San Marco, per riaffermare la nostra identità. Cosa non gradita a un signore (del sud, immagino, qui residente) il quale, a capo di un fantomatico "comitato per la difesa della bandiera italiana", minacciava querele e denunce contro i manifestanti, ipotizzando aaddirittura una offesa ai monumenti del Risorgimento di Venezia, in specie a Vittorio Emanuele a cavallo in riva degli Schiavoni. 
La mia idea personale sarebbe invece che quel monumento del tutto estraneo a una Venezia storicamente repubblicana da sempre, andrebbe rimosso e posto in un magazzino. Se non altro per rispetto della memoria storica della città. Quel monumento è la vera offesa per i veneti. E qualche scrupolo c'è stato da parte dei veneziani del tempo, se da piazza San Marco lo hanno spostato dove si trova oggi, quasi a voler ribadire la sua estraneità alla storia della città. 
 Ma ecco quanto scrive l'amico Tomasutti:


Gentile Cronista,
Checché ne pensi il Comitato Bandiera Italiana 17 marzo, arcigno censore di ogni possibile, pacifica e democratica identità Marciana orgogliosamente esibita, nessuna comunità resiste senza un’anima. Senza un’identità salta ogni certezza ed aumenta la sensazione di inquietudine causata dalla perniciosa negazione dei valori dai quali proveniamo. Fortunatamente, come ogni anno, la prossima Festa di San Marco rinsalda in molti veneti questa loro identità civile e religiosa. Una celebrazione che, piaccia o meno, è rimasta ancora straordinariamente identitaria. Una società come la nostra, sempre più frammentata, globalizzata e in cui risulta sempre più difficile identificarsi in determinati valori tradizionali, corre il rischio di veder rimossi alcuni valori fondamentali delle comunità umane quali sono, per l’appunto, le legittime appartenenze identitarie. Una rimozione oggi ‘giustificata’ dal mainstream delle differenze culturali, dal multiculturalismo senza storia e cultura o dal pensiero ‘politicamente corretto’. Nel relativismo dei valori, nel portato del pensiero unico, se la tolleranza è un valore, essa tuttavia non può essere messa in discussione dalle conseguenze dell’intolleranza. Per chi, dunque, dovesse svilire o negare l’identità o la tradizione religiosa veneziana e veneta c’è, credo, una giusta condanna: subire quella di coloro che non ne vogliono sapere di abbandonarla. 
Massimo Tomasutti
 

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