LA VENEZIA PIENA DI VITA CHE VORREMMO RITORNASSE. "Semo a Venetia"



La Venezia di oggi è ormai un guscio vuoto, piena di gente proveniente da tutto il mondo che  non sa  quasi nulla  della sua storia e di cosa i palazzi e le piazze che ammira (pur non comprendentoli) rappresentino veramente. Ma un tempo non era così: pur piena di turisti e stranieri, essa era una attrativa anche per la vita quotidiana dei suoi abitanti, in cui "el foresto" si poteva immergere. La vita della città, insieme alla sua architettura unica, era una ulteriore attrattiva.
Un testimonianza la possiamo leggere nella descrizione di un francese, il cavaliere di st. Didier, che vi soggiornò per un paio d'anni nel finire del Seicento.  

- Il viaggiatore francese vede una popolazione fisicamente sana, dal bel colorito, e ne attribuisce il merito all'aria buonissima...Anche l'inglese Fynes Morison nel 1594 trova l'aria molto salubre e afferma di non aver visto mai tanti vecchi come qui. 
...Ma la principale attrattiva di Venezia, ciò che per i turisti costituiva il maggior  richiamo, era la grande libertà che vi si godeva. la licenza di fare tutto ciò che si voleva, a patto di non tramare contro lo stato e contro la nobiltà.
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Il st.Didier la trova un vero "libertinaggio politico"  che sarebbe stato inconcepibile in un paese retto a monarchia. Con "semo a Venetia" egli scrive, si avrebbe la pretesa di giustificare tutto. Per deliziarsi di questa libertà e dei divertimenti e dei piaceri che la città offriva, i forestieri venivano qui a vuotare le tasche.
Poco meno di un quarto della sua descrizione - che ebbe una notevole fortuna editoriale - è riservata ai divertimenti e alle feste, come elementi tipici della cultura veneziana, l'opera, l'arte il fresco, il carnevale, i festini, i  ridotti, e le tante feste pubbliche...
Dieci pagine del libro del Didier trattano delle cortigiane, per il numero dele quali Venezia eccelleva persino su Roma. Il commercio con loro era così diffuso che praticamente tutti, a Venezia, erano contagiati da malattie veneree, senza che le autorità sanitarie intervenissero, perché - questa è la conclusione singolare alla quale il viaggiatore francese perviene - la Repubblica ne faceva uno strumento di conservazione dell'ordine costituito, conoscendo la sua efficacia nel calmare i bollenti spiriti (insomma, vale il detto: tira più un pelo di fica...ndR).

LE DISTANZE SOCIALI QUASI ABOLITE



Colpisce l'osservatore anche un certo livellamento delle distanze sociali, espressione anch'esso di libertà, attraverso una comunanza di modo di vivere, per cui in un certo palazzo era dato di vedere un nobile al primo piano e una cortigiana al secondo, e nelle festività pubbliche una partecipazione gioiosa di nobili e di popolani, senz anessuna discriminazione (particolare caratteristica che colse anche Goethe nel suo "Viaggio in Italia). 
In questa società felice, afferma egli con sicurezza, anche i contadini godevano di grande libertà e pagavano poche tasse. Professionisti, segretari degli uffici pubblici, notai, indossavano gli stessi abiti dei nobili, tanto era impossibile distinguere gli uni dagli altri..
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Tratto da "Galileo Galilei e la cultura veneziana", Istituto Veneto di scienze, Lettere e Arti.

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