"Veniexia è in aqua et non ha aqua"

Spaccato di una vera da pozzo in campiello
Marin Sanudo, storico e politico veneziano (1466–1536)
"Veniexia è in aqua et non ha aqua"


by Venice and his historyPensate a Roma senza il Tevere, Londra senza il Tamigi, Parigi senza la Senna, Il Cairo senza il Nilo.
Pensate a Venezia senza...
Beh Venezia non ha un fiume; è fatta di centinaia di canali e non vi scorre certo acqua potabile. Difficile costruire una capitale nella laguna, senza una sorgente d'acqua potabile a cui attingere.
Immaginiamoci l'annuncio di un'agenzia immobiliare del VIII° secolo d.C.: "Vendesi casa locata su isolotto, a singolo piano, tetto in ottima paglia e argilla. La zona è un posto per chi ama l'avventura e le situazioni difficili: zanzare, caldo, umidità sono pressoché costanti per tutta l'estate. C'è nell'isolotto principale di Rialto un forte presidiato da soldati, utile nel ripararsi nel caso arrivino pirati istriani o dalmati. La mancanza d'acqua può farsi sentire, ma piove abbastanza spesso da poterci fare qualche secchio".

Tra i tanti problemi incontrati l'acqua fu uno dei più importanti. Un elemento questo di cui tutta la città era circondata, ma che per ovvie ragioni non poteva fruirne non essendo potabile.

Il primo modo con cui la popolazione si procurò l'acqua fu ovviamente la raccolta di acqua piovana: e la testimonianza la si trova in molti campi della Serenissima.
In quelle zone della città il meno possibile raggiungibili dall'"acqua alta" si costruirono dei pozzi.
Questi erano circondati ai lati da quattro piccole lastre lapidee bucherellate, capaci di far raccogliere la pioggia all'interno di un sistema di tubature e di filtri che permettessero all'acqua di rendersi cristallina e potabile.
Ovviamente anche quest'acqua per varie cause poteva guastarsi: sicché, periodicamente, un gruppo di cittadini incaricati nel mantenere funzionali i pozzi della città, ne drenavano l'acqua salata attraverso un'idrovora prestata dall'Arsenale.

Le pestilenze che afflissero Venezia, in particolare la peste del 1348, fecero aumentare il sospetto di pozzi inquinati dal morbo, e la popolazione cominciò a diffidare dall'utilizzo dell'acqua dai pozzi sospetti. Si prospettò così la necessità di prendere l'acqua “de bonis locis”, cioè dalla Brenta.

(parte 1)

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