VENEZIA E I FURTI DI METTERNIK. LA PREDAZIONE ITALIANA AI FRARI.
Con la firma della pace di Vienna del 3 ottobre del 1866 all’art. 18 si tentò di regolare il ritorno di quanto era stato depredato.
All’I.R. Direzione dell’Archivio generale in Venezia
Pace di Vienna - 3 ottobre 1866
Art. 18. Gli archivi dei territori ceduti, contenenti i titoli di proprietà, i documenti amministrativi e di giustizia civile, come pure i documenti politici e storici dell’antica repubblica di Venezia, verranno consegnati nella loro integrità ai Commissari che saranno designati a tale scopo, ai quali verranno del pari consegnati gli oggetti d’arte e di scienza specialmente relativi al territorio ceduto. Reciprocamente, i titoli di proprietà, documenti amministrativi e di civile giustizia, concernenti i territori au-striaci, che potessero trovarsi negli archivi dei territori ceduti, verranno rimessi nel-la loro integrità ai Commissari di S.M.I.R. Apostolica. I Governi d’Italia e d’Austria si vincolano a comunicarsi reciprocamente, dietro domanda delle autorità superiori amministrative, tutti i documenti e le informazioni relative agli affari concernenti sia il territorio ceduto sia i paesi contigui.
Essi si vincolano pure a lasciare prendere copia autentica dei documenti storici e politici che potessero interessare i territori rimasti rispettivamente in possesso dell’altra Potenza contraente, e che nell’inte-resse della scienza, non potranno essere divisi dagli archivi ai quali appartengono.
Il commissario a Venezia del re italiano Vittorio Emanuele conte Pasolini visto il decreto reale del 18 luglio 1866 N° 3064 ha nominato il 24 ottobre 1866 due Com-missioni d’inchiesta una per verificare le sottrazioni fatte negli Archivi e nelle Bi-blioteca di Venezia viene così composta: Senatore Conte Agostino Sagredo, avvocato Nicolò Barozzi direttore del Museo Correr, avvocato Guglielmo Berchet. La seconda Commissione incaricata di rivendicare gli oggetti depredati è così composta: Ing. Giovanni Battista Meduna, Marco Bisacco, Giuseppe Salani, Antonio Baffo, Giaco-mo Quaglia. Il Governo italiano nomina il Commendator Luigi Cibrario garante dell’applicazione dell’articolo 18 del 3 ottobre 1866.Essi si vincolano pure a lasciare prendere copia autentica dei documenti storici e politici che potessero interessare i territori rimasti rispettivamente in possesso dell’altra Potenza contraente, e che nell’inte-resse della scienza, non potranno essere divisi dagli archivi ai quali appartengono.
Una parte di quanto la Francia aveva depredato nel 1797 venne restituito dopo i trattati del 1815, altro passò direttamente nelle mani dell’imperatore Francesco I che ordinò che tutto fosse restituito. Ma non fu così.
Dopo la morte nel marzo del 1835 di Francesco I il suo successore Ferdinando I ordinò nel 1846 all’arciduca Luigi che tutto il carteggio della politica estera veneziana fosse inviato a Vienna. Il 6 di luglio dello stesso anno il consiglio comunale di Venezia ricorre in via d’urgenza e direttamente al trono per ottenere la revoca di quell’ordine. Un decreto imperiale del 16 marzo 1847 ne sospende l’esecuzione. Nel 1852 correva voce che il carteggio diplomatico, il cui invio era stato sospeso nel 1847, dovesse essere inviato a Vienna. Il responsabile dell’Archivio Fabio Mutinelli inviò in data 29 ottobre 1852 N 38-p un rapporto che provocò la Sovrana risoluzione del 14 febbraio 1854 con cui l’imperatore Francesco Giuseppe assicurava agli Archivi Veneti dal pericolo di spogliazioni.
N.889
PRESIDENZA DELL’I.R. LUOGOTENENZA DELLE PROVINCIE VENETE
S.M.I.R. Ap. con Sovrana risoluzione 11 m.c. Si è graziosamente degnata di permettere che gli atti, esistenti nell’Archivio generale dei Frari in Venezia, vi sieno come finora lasciati intatti, però solo sotto la condizione che la Direzione dell’Archivio Generale in Venezia debba produrre all’Archivio Segreto di Corte e di Stato dietro di lor domanda, d’ora in poi copie autentiche di tutti gli atti che saranno da esso indicati fra quelli compresi negli elenchi che dovranno anche in avvenire venirgli periodicamente rimessi. Ciò servirà di norma a codesta I.R. Direzione e di evasione al di lei rapporto 29 ottobre 1852 N 38/0 Venezia 14 febbrajo 1854
Toggenburg Governatore del Lombardo-Veneto
L’Austria ci depredò nel 1805 con il signor Sebastiano Gassler e nel 1866 con il be-nedettino Beda Dudik. I due riempirono casse di documenti veneziani per arricchire gli Archivi della Corona imperiale.
Il principe di Metternich pensò di sottrarci tutto con un solo colpo: sosteneva l’inutilità degli Archivi di Venezia a Venezia e la loro necessità a Vienna. Siccome la sua costante idea era che l’Italia era una espressione geografica avrà forse considerato Venezia come una caverna. E quindi perché mantenerci gli Archivi, i Musei e le Biblioteche? Conveniva trasferire tutto a Vienna, tempio dell’impero di cui lui era il sommo pontefice.
Quel principe era stato eletto da poco Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Vienna e il 20 giugno 1838 fece inviare a Vienna 52 quadri a cui fece seguito l’invio di altri 85. Questo personaggio era uno dei nemici più insidiosi delle nostre terre, dei nostri beni, delle nostre fortune, dei nostri patrimoni artistici che erano il nostro vanto e la nostra gloria.
Tra il 1803-1805 per mano di Francesco Sebastiano Gassler 3700 filze e volumi tra gli Archivi e la Marciana; nel giugno del 1838 dai depositi del Palazzo Ducale furono inviati al Belvedere di Vienna 50 quadri; nell’agosto del 1838 da parte di Fuhrich e Engert, inviati del principe a scegliere i quadri della scuola veneziana, dai depositi di Palazzo Ducale furono inviati alle Gal-lerie dell’I.R. Accademia di belle arti di Vienna 85 quadri; tra il giugno del 1864 ed il 5 ottobre 1866 dal Museo dell’Arsenale furono prelevate 534 oggetti d’arte e le Scale dalla Sala dei Modelli; nel luglio del 1866 per mano dell’abate Dudik furono prelevati ai Frari 1336 filze e volumi e alla Marciana 95 filze e volumi; nel settembre del 1866 furono depredati al palazzo Ducale ed alla Zecca ed alla Libreria antica 114 quadri.
L’evento più traumatico di quegli anni fu sicuramente la spoliazione di manoscritti avvenuta nel luglio 1866, alla conclusione della seconda guerra di aggressione italiana del Veneto che gli italiani chiamano seconda guerra di indipendenza. Gli archivisti dei Frari nel luglio del 1866 furono aggrediti nel loro luogo di lavoro e con insolenza si tolse dalle loro mani quanto era loro compito di conservare. Probabilmente tutto quello che di prezioso era conservato nell’archivio dei Frari sarebbe stato depredato se non ci fosse stato il contegno del direttore Conte Dandolo, del vicedirettore Toderini, del primo aggiunto professor Cecchetti, dell’ufficiale dell’archivio signor Luigi Pasini. Fu grazie all’atteggiamento di quelle persone che limitarono la perdita del complesso dei documenti della Repubblica che malgrado tanti nemici, tante mire, tanti insidie, tante brame seppe mantenersi rispettata per secoli.
Dio possa fulminarli in eterno !!!
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