L'AUSTRIA "PARONA" E LA NOBILTA' VENEZIANA
Di Giovanni Scarabello
Gli Austriaci, i nuovi dominatori, non tollerarono sommarie vendette di piazza contro i democratici facendo intendere che nessun filo di solidarietà sostanziale .. poteva esserci tra potere e sudditi, tra dominio imperiale e dominati. Il comportamento politico preminente, a cui si chiese conformazione, fu quello del rispetto dell'ordine e delle gerarchie.
Qualche soggezione ed incertezza gli Austriaci l'ebbero forse verso il fantasma che parve presente, o ancora utile, della passata Repubblica. Fu abbastanza grottesca la convocazione del vecchio corpo patrizio veneziano perché delegasse qualcuno a recitare un giuramento, all'Imperatore Francesco II in una sorta di replica di quella cessione del potere che, nel concreto reale, s'era svolt ail 12 maggio 1797 (a tale proposito preciso che anche il Doge depose il Corno, resistendo alle pressioni della Municipalità che lo voleva quale suo Presidente).
L'ultimo doge racconta nelle sue memorie che gli ex patrizi convocati da Gianpiero Grimani, l'ex ambasciatore a Vienna, si riunirono nel numero di 907 il 23 febbraio nella Sala del Maggior Consiglio ed elessero 12 deputati per il giuramento di fedeltà all'Imperatore d'Austria. Tra i dodici, c'era anche il Manin.
Può essere che in un primo momento gli austriaci pensassero di utilizzare ancora i patrizi veneziani come "corpo" (Congregazione Nobile delegata e, per qualche mese, Commissione Camerale), ma se mai vi fu un progetto del genere, esso venne resto abbandonato.
Del resto, gli austriaci su scelsero come interlocutori in qualche modo vali, i "possidenti" rifiutando una cospicua porzione di patriziato (i poveri) che era stata, da sempre, l'ossatura dello stato veneto.
Gli Austriaci, i nuovi dominatori, non tollerarono sommarie vendette di piazza contro i democratici facendo intendere che nessun filo di solidarietà sostanziale .. poteva esserci tra potere e sudditi, tra dominio imperiale e dominati. Il comportamento politico preminente, a cui si chiese conformazione, fu quello del rispetto dell'ordine e delle gerarchie.
Qualche soggezione ed incertezza gli Austriaci l'ebbero forse verso il fantasma che parve presente, o ancora utile, della passata Repubblica. Fu abbastanza grottesca la convocazione del vecchio corpo patrizio veneziano perché delegasse qualcuno a recitare un giuramento, all'Imperatore Francesco II in una sorta di replica di quella cessione del potere che, nel concreto reale, s'era svolt ail 12 maggio 1797 (a tale proposito preciso che anche il Doge depose il Corno, resistendo alle pressioni della Municipalità che lo voleva quale suo Presidente).
L'ultimo doge racconta nelle sue memorie che gli ex patrizi convocati da Gianpiero Grimani, l'ex ambasciatore a Vienna, si riunirono nel numero di 907 il 23 febbraio nella Sala del Maggior Consiglio ed elessero 12 deputati per il giuramento di fedeltà all'Imperatore d'Austria. Tra i dodici, c'era anche il Manin.
Può essere che in un primo momento gli austriaci pensassero di utilizzare ancora i patrizi veneziani come "corpo" (Congregazione Nobile delegata e, per qualche mese, Commissione Camerale), ma se mai vi fu un progetto del genere, esso venne resto abbandonato.
Del resto, gli austriaci su scelsero come interlocutori in qualche modo vali, i "possidenti" rifiutando una cospicua porzione di patriziato (i poveri) che era stata, da sempre, l'ossatura dello stato veneto.
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