NAPOLEONE E L'ULTIMO SCHIAFFO AI VENETI


Caro Dott. Agnoli, (scrive lo storico Edoardo Rubini rivolgendosi a Francesco Agnoli)

 la mia inquieta vita intellettuale mi porta sempre su e giù attraverso la storia, partendo dall’Età del Bronzo, fino ad arrivare a quel che è accaduto un paio di ore fa.

Tra i vari lavori ai quali mi son dedicato con passione, c’è da ultimo un Almanacco di storia veneta che mi ha costretto a fare dei focus inediti su aspetti della storia che mi erano passati avanti veloci senza potermi soffermare.
Uno degli episodi che ho voluto rivedere è quanto accaduto il 17 ottobre 1797.
Quando, una decina d’anni fa ho lavorato sul DVD sull’invasione napoleonica dello Stato Veneto, enorme giovamento avevo tratto dal suo magnifico libro “Napoleone e la fine di Venezia”, che segnalo agli amici : http://www.ilcerchio.it/napoleone-e-la-fine-di-venezia.html


Oltre all’infinità di notizie utili e ben documentate, Le confesso che la cosa che più mi aveva colpito è stato scoprire l’incredibile falsificazione relativa alla firma del Trattato di soppressione della Repubblica Veneta: ignoravo come il Bonaparte si fosse in quel frangente installato nella Villa di famiglia del nostro Adorato Principe Lodovigo Manin, ma sono anche rimasto sconcertato dal prendere visione di molti altri particolari, che rivelano il comportamento delinquenziale dell’Austria, che molto più della Francia giacobina e rivoluzionaria ha insistito perché la Repubblica cessasse di esistere (volontà ribadita con coerenza durante il Congresso di Vienna e durante l’insorgenza e la resistenza anti-austriaca del 1848-49).

l'imponente villa Manin a Passariano (Passareano, all'epoca)

Soprattutto, l’Austria intendeva in quella occasione dissimulare in faccia a tutta Europa il ladrocinio che stava commettendo.

In altra parole, a dispetto del lealismo da sepolcro imbiancato e dei sacrali paramenti in uso a Vienna, gli Asburgo avevano fatto pressione su Napoleone perché il Trattato di rapina della Veneta Sovranità fosse sottoscritto fuori dalla residenza dogale occupata dall’orda gallica; la sorte ha, però, voluto che i plenipotenziari imperiali sbattessero il naso contro l’impudenza della loro controparte nel pactum scleleris, la quale il giorno convenuto non si schiodava dai saloni della Villa principesca, costringendo tutti a mettere la firma nel luogo del delitto, cioè proprio dove erano state condotte le trattative (cosa di cui – come è comprensibile – si vergognavano terribilmente e non volevano far sapere).

Voglio citare le sue parole testuali da pag. 159 della Sua opera citata: 

è difficile credere che la scelta del Bonaparte, che in realtà non aveva nessuna seria ragione per non fermarsi a Udine, non sia stata frutto di deliberata volontà di infliggere a Venezia una nuova, beffarda umiliazione. L’oltraggio, la beffa e, tutto sommato, il cattivo gusto erano anzi tanto evidenti agli occhi di tutti che, al momento di varare il trattato, francesi e austriaci si accordarono per dargli nome non da Passariano, ma dal non lontano paese di Campoformido, dove in realtà non si era svolto nemmeno un incontro fra le due delegazioni, ma avevano soltanto soggiornato i plenipotenziari imperiali”.

Ora, voglio darLe atto che Lei ha smascherato un incredibile raggiro storico: persino su wikipedia è spuntata una pagina dove si dà conto di queste incongruenze:


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