LA GUERRA DI CORFU' 1714-18 riassunta da Gualtiero Scapini Flangini

Enormi risorse in termini economici, ma sopratutto di vite, furono impiegati dalla veneta Repubblica, per contenere le ultime spallate del Turco. Venezia si dissanguò, è vero, ma il turco rinunciò ad ogni progetto di espansione in Europa. Una pagina di storia che nessuno spiega ai giovani veneti ... ma per fortuna essitono personaggi dello stampo di Gualtiero Scapini Flangini e pochi altri. Dan Morel Danilovich, con i suoi libri fumetto, è un altro esempio https://www.facebook.com/La-Fortezza-Signa-

Gualtiero Scapini Flangini

Malvasia, la Gibilterra  dell'Egeo
LA GUERRA DI CORFU' 1714-1718
Alla perdita di Nauplia, del Castello di Morea e di Modone seguì la caduta di Malvasia, rocca fortissima, che ben difficilmente i Turchi avrebbero potuto conquistare. La fortezza di Malvasia era costruita in cima ad una ripida roccia dolomitica, collegata alla terra solo da uno stretto ponte levatoio, ed era praticamente impossibile da conquistare, se non a prezzo di perdite elevatissime. Il Capitan Pascià Janun Cogia vi si presentò e, senza porvi assedio o sparare un colpo, diede ai difensori venti giorni di tempo per arrendersi. Trascorso il termine, il Provveditore straordinario Federigo Badoer consegnò la piazza di Malvasia con tutto quello che conteneva, meritandosi l’esecrazione del Senato e la successiva condanna alla galera. Vi rimase fino a terminare i suoi giorni in un oscuro carcere. 
Cerigo, fortezza veneziana
In seguito, il Capitan Pascià dichiarò pubblicamente che se Malvasia avesse resistito, egli sarebbe stato costretto a sgomberare quelle spiagge a causa della stagione ormai avanzata.
Finita così con grande fortuna per le armi ottomane l’impresa di Morea, terra constata una vera fortuna in denaro sudore e sangue alla Repubblica, la Sublime Porta posò gli occhi su Santa Maura. Lo venne a sapere il Provveditore Generale delle isole Andrea Pisani, avvertito degli inviti che i Turchi facevano alla popolazione dell’isola, e dalle notizie sui preparativi per uno sbarco, che gli giungevano dagli informatori che aveva inviato a Prevesa, in mano agli Ottomani. Il Pisani provvide sollecitamente a inviare due Galee con rifornimenti e messaggi, per incoraggiare la popolazione terrorizzata e per scacciare alcuni reparti Turchi che già stavano sbarcando sulle opposte spiagge dell’isola.
Modone
Fu ben presto chiaro che il Divano non intendeva rinunciare a quell’importante piazzaforte, che per l’Impero Turco sarebbe stata la chiave d’accesso alle isole Ionie. Pisani, informato che il Visir aveva ordinato al Seraschiere, Kara Mustafà, di marciare contro Santa Maura con trentamila uomini per conquistarla ad ogni costo, riunì una consulta di guerra. Fu stabilito di inviare tosto l’Armata grossa per sostenere l’isola minacciata e per difenderla vigorosamente qualora si fosse rivelata capace di una buona difesa, oppure di demolirla completamente. Giunte a Santa Maura, le Navi venete sbarcarono un migliaio di uomini ben armati e addestrati che si prepararono a rafforzarne le difese.
Gli Ottomani non rimanevano inerti e si volgevano nel frattempo all’isola di Candia, dove le due fortezze veneziane di Sinalunga e di Suda resistevano da troppo tempo nonostante la scarsità di munizioni e di viveri, e per i sempre più radi soccorsi. Ormai era quasi impossibile avvicinarsi alle ultime due fortezze veneziane dell’isola, a causa dell’assedio pressoché totale dei Vascelli Turchi. 
La resa giunse quasi contemporaneamente, per esaurimento dei difensori, ormai senza mezzi di sussistenza né proiettili. Le mura, le casematte e i piazzali erano difesi da fantasmi, più che da soldati, e i pochi ancora in grado di combattere erano malati o feriti. Anche i Turchi erano stanchi di quella guerra e concessero che i superstiti s’imbarcassero per Corfù con le bandiere, le armi e i loro averi. 
Poi fu la volta di Cerigo, isola ritenuta a torto debole e impossibile da tenere. Al contrario, i difensori di quella piazza si dimostrarono coriacei e valorosi, tanto che gli Ottomani, dopo così dura lotta, concessero loro la ritirata con onore e il ricongiungimento con l’Armata veneta. 
santa Maura altra isola fortificata
Caduta anche Cerigo, ai Turchi non restava che prendere Santa Maura e si prepararono a investirla con tutte le forze disponibili. I comandanti Veneziani, valutata in consulta la situazione dell’isola e preso atto dell’impossibilità di difenderla efficacemente, ma anzi con la certezza di perdere un gran numero di ottimi soldati e di grandi quantità di materiale e di beni, nonché di esporre alle feroci rappresaglie nemiche la popolazione civile, ne decisero l’evacuazione, non prima di averne demolito tutte le fortificazioni e gli edifici. Furono imbarcate tutte le artiglierie, trasferiti negli altri possedimenti Veneti gli abitanti e, davanti agli occhi dei Turchi avanzanti, fecero saltare le fortificazioni. Lo fecero così efficacemente da renderle irreparabili, tanto che i Turchi le dovettero lasciare così perché, per utilizzarle, avrebbero dovuto ricostruirle dalle fondamenta. Nelle settimane seguenti, Andrea Pisani tentò un’ultima impresa, nonostante la stagione ormai avanzata. Avrebbe voluto dare un colpo mortale alla flotta ottomana, in quel momento divisa, quasi disarmata e sparsa, e si mise in caccia con l’Armata grossa. Giunto al largo di Andro e poi di Tine, dovette desistere per le avverse condizioni del mare e dei venti contrari. Così, per non esporre le Navi a pericoli estremi, che avrebbero potuto arrecare inutili lutti e danni alla sua Armata grossa, ritornò a Corfù per svernarvi e per prepararla alla prossima campagna di guerra.
Così finiva l’anno, con la perdita dell’intera Morea e di tante belle e nobili isole che avevano formato l’Impero Veneziano d’oltremare.


(Da <Il Leone trionfante>)

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